Marino vara la fase 2, Renzi scettico: l'affondo finale è solo rimandato

Renzi e Marino
di Marco Conti
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Mercoledì 29 Luglio 2015, 09:14 - Ultimo aggiornamento: 20:49

Matteo Renzi continua a promettere la riduzione delle tasse cominciando da quelle su prima casa e imprese. Le promesse rendono, anche se, per ora, sono solo tali. Soprattutto servono al presidente del Consiglio per coprire l'opposta ”narrazione” sviluppatasi a Roma dove i ”feudatari” del Pd romano - solo in parte inabissati - gli hanno consegnato la nuova giunta capitolina. Renzi, non troppo convinto del risultato, ha dato il via libera ad una fase due targata più Matteo Orfini che Ignazio Marino, nella speranza di chiudere in fretta la faccenda e sottrarre Roma alla non benevola attenzione dei quotidiani internazionali.

SCETTICO

L'affondo finale, per sbarazzarsi a Roma di un partito, il Pd, che considera legato a «logiche vecchie e clientelari», è solo rimandato.

Almeno questo spera il segretario del Pd che in queste ore mastica amaro e dispensa elogi poco convinti. Lo scetticismo sulla durata del ”Marino due” è fortissimo. «Tre mesi e saremo come prima», sostiene un sottosegretario anche lui non romano come tutti i componenti la giunta Marino. Tre mesi che ieri lo stesso sindaco, tra una slide e l'altra, ha portato a sei, ma che non cambia il senso di precarietà con la quale il nuovo governo della Capitale si è insediato al Campidoglio.

Nessuno dei nuovi assessori è riconducibile a Renzi e i due che c'erano hanno lasciato sbattendo la porta. Lorenza Bonaccorsi o Paolo Gentiloni, plenipotenziari renziani nella Capitale, non hanno dato ad Orfini alcun nome per la nuova giunta. Una distanza netta e che nel partito romano fa rumore al pari dei reiterati complimenti che Renzi continua a fare a Nicola Zingaretti o del silenzio del segretario sul doppio incarico di Causi ed Esposito. Malgrado ciò, sarà complicato per il Rottamatore prendere le distanze tra tre o sei mesi da un'amministrazione comunale guidata da un monocolore Pd. L'uscita di Sel, voluta da Paolo Cento, indebolisce la maggioranza e scarica le responsabilità su un unico partito.

Orfini, presidente del partito e commissario a Roma voluto da Renzi, è profondo conoscitore della storia del partito romano e ne è stato parte e artefice. Un vantaggio, ma avrebbe rappresentato un problema qualora Renzi avesse voluto affondare il colpo e rottamare, insieme a Marino, buona parte della storia delle ultime amministrazioni comunali, cominciando ovviamente dalla giunta Alemanno e andando indietro sino alla giunta Veltroni e a quella regionale della Polverini. Giunte, comunali e regionali, nelle quali buona parte del Pd - come dimostrano le inchieste - si è proposto in un consociativo esercizio del potere.

SCISSIONE

Renzi prende tempo e rinvia la resa dei conti a Roma a momenti migliori per l'esecutivo e la sua maggioranza che non possono permettersi, specie al Senato, ulteriori defezioni. Affondare il colpo e rottamare tutto il partito romano rappresenta per il presidente del Consiglio un rischio troppo grosso specie ora che i rumors di una frattura a sinistra del Pd sono talmente forti da ringalluzzire persino Silvio Berlusconi.

Il Cavaliere, che ieri l'altro ha spedito Fedele Confalonieri a colloquio con il capo dello Stato Sergio Mattarella, si è di recente convinto che a Renzi a palazzo Madama non basteranno nemmeno i voti di Denis Verdini e che FI può tornare protagonista del confronto con il Pd proprio a seguito dell'uscita di una corposa pattuglia di senatori del Pd.

Renzi, da sempre convinto che la sinistra del Pd sia stata negli anni il più utile ”alleato” del Cavaliere, si muove con cautela, a Roma come a Palermo, ma non ha rinunciato alla sua idea di rendere omogeneo il partito spezzando i potentati locali. Anche quelli di nuovo conio, come dimostra l'esperienza di questi ultimi giorni nella Capitale.

Anche il sindaco-marziano finisce più o meno ingabbiato nello schema della super corrente orfiniana. Per ironia della sorte Marino arriva sul Campidoglio sottobraccio a Matteo Renzi con il quale, pochi giorni dopo la sua elezione, passeggia per via dei Fori Imperiali. La distanza con palazzo Chigi è via via aumentata e non è detto che non cresca ancora quando sarà chiaro che Marino, e prima di lui Orfini, sul Giubileo non toccheranno palla. Ieri sera Renzi ha disertato la Festa dell'Unità dove la sera prima, con Orfini, ha giocato a bigliardino dopo averlo a suo tempo sfidato alla playstation. Tra i due manca solo il gioco delle freccette.

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