A Malagrotta, dove è meglio non brucare l'erba
Gli allevatori: «Nessuna traccia di inquinamento»

A Malagrotta, dove è meglio non brucare l'erba Gli allevatori: «Nessuna traccia di inquinamento»
di Maria Lombardi
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Domenica 26 Gennaio 2014, 09:36 - Ultimo aggiornamento: 09:37
Le mucche pascolano libere sotto i fili dell’alta tensione, sulla collina che sale da via di Malagrotta.

La discarica è a poco più di due chilometri. Le bufale smuovono la paglia ammassata nel recinto, il caseificio accanto alla stalla vende le mozzarelle e le ricottine prodotte con il loro latte. La montagna di rifiuti più grande d’Europa è a ottocento metri. Due braccianti con la schiena piegata raccolgono le rape e le depositano nelle cassette di plastica. Il deposito che per 38 anni ha divorato l’immondizia di Roma è a un chilometro e mezzo. Accanto alle coltivazioni, protetto da argini alti, corre il Rio Galeria dopo aver lambito il mega impianto a riposo.



I CAMPI

Via di Malagrotta, nell’ultimo tratto verso l’Aurelia, è una linea d’asfalto nel verde, una campagna al confine dell’inferno. Si lasciano i muri di cemento, i cartelli che indicano ancora l’ingresso dei camion e le ciminiere della raffineria, e dietro una curva ecco prati a destra e sinistra. Piccole aziende agricole una dietro l’altra, in due chilometri e ottocenti metri se ne contano sei. La più vicina alla discarica è quella delle mozzarelle di bufala, c’è il caseificio e la macelleria. Nessun timore dopo che la perizia del Politecnico di Torino ha accertato che le falde sarebbero avvelenate dai rifiuti? «Assolutamente no, qui è tutto a posto. Quelli della Asl vengono a controllare il latte due volte alla settimana e non c’è traccia di inquinamento. Anche perché le mucche e le bufale dell’allevamento bevono l’acqua corrente e sono nutriti con cibo secco, non mangiano l’erba di questi prati. Quindi è tutto assolutamente sicuro».

Più avanti c’è la coltivazione di rape, un’estensione grandissima, le balle di pieno una sull’altra a piramide, ancora allevamenti e piccole masserie. Recinti per galline ed oche, tetti di capannoni che fanno da riparo alle mucche, staccionate per cavalli ed asini. Quasi alla fine della strada, sulla sinistra, la collina dove le mucche pascolano in libertà e mangiano l’erba.



«Fenomeno di contaminazione» della falda sottostante la discarica di Malagrotta provocato dai rifiuti: questo hanno scritto con chiarezza i periti del Politecnico. Un responso che allarma il comitato agricoltori e coltivatori della Valle Galeria.



I VELENI

«Lo sospettavamo ma adesso c’è la certezza. Una verità che si è sempre tentato di nascondere. Non ce ne staremo calmi, promuoveremo un’azione legale perché questa vicenda ci danneggia moltissimo e rischia di distruggerci», attacca il rappresentante del comitato Rodolfo Warcok. «Ci teniamo più alla pelle che a guadagno e non abbiamo paura di batterci, molte aziende non ci seguono perché hanno timore di avere danni d’immagine ed economici e non hanno il coraggio di parlare. Ma non si rendono conto che così rischiamo di chiudere tutti?».



Il sospetto c’era, da tempo. «Il percolato s’infiltra nel terreno e lo avvelena, ovvio». Il fieno con cui si alimentano gli animali viene da fuori, dunque è sicuro. Ma le rape, le zucchine, i legumi coltivati in questi campi lo sono? «Gli accertamenti non sono stati fatti. Un nostro socio ha smesso di produrre latte, l’ha fatto per una questione di coscienza. Dice di non sentirsi sicuro», continua Warcok. «Purtroppo i cittadini romani pensano che il problema dell’inquinamento di Malagrotta sia di chi vive e lavora nella Valle Galeria. Non capiscono che le verdure prodotte qui vengono finiscono nei supermercati di tutta la città. Il rischio è per tutti».



I DANNI

Salvatore Damante, ricercatore ambientale oltre che rappresentante del comitato Malagrotta, nel 2012 ha analizzato il Rio Galeria che lambisce le coltivazioni. Risultato: un’elevata presenza di arsenico e cadmio. «È possibile che quegli inquinanti finiscano nella catena alimentare. Andrebbe fatto il carotaggio dei terreni lì intorno - spiega l’esperto - per verificare l’accumulo di sostanze tossiche».

Malagrotta, prima della discarica, era una zona agricola di pregio. «Non ci sono solo le aziende, quasi tutti quelli che vivono qui hanno i giardini e gli orti», Alessandro Costantino Pacilli è il portavoce del comitato Cittadini liberi della Valle Galeria. «Aderiremo con le altre associazioni alle richieste per danni morali ed esistenziali».

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