LE RIUNIONI
Nel pomeriggio di ieri, il presente e il futuro dell'amministrazione comunale si sono giocati, in contemporanea, in due sale al primo piano di Palazzo Senatorio: mentre la sala degli Arazzi ospitava la riunione di giunta più drammatica della consiliatura, in aula Giulio Cesare si svolgeva l'assemblea capitolina in un clima definito, da più di un consigliere Pd, «da ultimi giorni di Pompei». In consiglio passavano due delibere sul riconoscimento di debiti fuori bilancio, risalenti al 2011 e 2012, ma il pensiero di tutti era rivolto esclusivamente a ciò che stava accadendo lì vicino. Dove, esaurito il tema dei trasporti, Marino ha chiesto ai suoi assessori, senza giri di parole: «Cosa devo fare?». Ricevendo come risposta l'invito ad andare avanti, sulla linea individuata poco prima nelle riunioni ristrette con le persone a lui più vicine. Alla fine della giunta, parte la litania delle dichiarazioni di sostegno al primo cittadino: «Abbiamo leso molti, interessi in questa città che stanno reagendo», dice Maurizio Pucci; «Sarebbe veramente un delitto interrompere una riforma della nostra città», si accoda Marta Leonori.
L'ASSEMBLEA
Le posizioni, nella maggioranza capitolina, sono però assai variegate. L'area renziana è sempre più orientata ad andare al voto, mentre tra gli altri consiglieri dem prevale l'incertezza e lo sbigottimento. Ma l'affondo più forte arriva dall'ala sinistra della coalizione che ha vinto le elezioni comunali del 2013: «Riteniamo che sia atto di responsabilità verso il consiglio comunale e la città che lo stesso sindaco venga al più presto in Aula a riferire e a chiarire gli interrogativi che stanno emergendo», scrivono in un comunicato il segretario romano di Sel Paolo Cento e il capogruppo Gianluca Peciola. Ma da quanto si apprende i vendoliani sono pronti alla mozione di sfiducia.
Un atto che avrebbe un effetto dirompente, visti i numeri in assemblea: se la minoranza votasse compatta per la sfiducia, insieme a Sel, l'esito sarebbe sul filo dell'equilibrio. A questo punto, soprattutto in caso di scrutinio segreto, basterebbe anche una singola defezione nella maggioranza - dove i maldipancia si sprecano - per far cadere l'amministrazione Marino. Intanto l'opposizione fiuta il vento di burrasca e affila le armi. Alfio Marchini si affida a Twitter: «Marino: è vero, ho messo le mani in tasca dei romani. Li restituisco e resto al mio posto. Palazzo Chigi?», scrive l'imprenditore sul social network. «Marino può restituire al Comune quel che desidera - sottolinea Marco Pomarici (Noi con Salvini) - Le spese allegre però non spariscono e non ci sono più le condizioni perché rimanga sindaco di Roma».