LE RIDUZIONI MANCATE
Insomma, quest’anno i contratti di servizio andrebbero complessivamente ridotti di 300 milioni e spiccioli, rispetto ai circa 1,4 miliardi di euro spesi dal Comune nel 2013, con un taglio di oltre il 20 per cento. Ma i due contratti di servizio principali, che assorbono quasi 1,2 miliardi, non sono stati minimamente decurtati, anzi. Quello dell’Ama potrebbe addirittura aumentare da 674 a 715 milioni, secondo il piano finanziario approvato sabato scorso dall’azienda. L’Atac - che nel 2013 incassato dal Comune 463 milioni - ha invece visto prorogato il suo contratto fino al 30 giugno, ossia la metà dell’anno solare, senza alcun taglio. Impossibile, a questo punto, che Palazzo Senatorio riesca a risparmiare i 300 milioni previsti.
LE SCELTE DEL CONSIGLIO
Lo stop alla linea del rigore dell’assessore al bilancio arriva anche dall’assemblea capitolina che ha approvato all’unanimità, con il Pd in prima linea, una mozione che impegna il sindaco e la sua giunta «ad attuare tutte le azioni possibili a far sì che non vengano toccati in nessun modo gli attuali livelli retributivi» dei dipendenti comunali. Un implicito endorsement alla linea di Ignazio Marino. I mancati tagli alle municipalizzate sono peraltro soltanto una delle possibilità di risanamento dei conti capitolini non utilizzate dall’amministrazione. Le leve fiscali ipotizzate nel bilancio 2014 porterebbero un extra gettito complessivo di 134 milioni tra Tasi, Irpef, Cosap e tassa di soggiorno. Un’efficace politica di dismissioni, tra aziende e immobili, avrebbe invece fruttato oltre 900 milioni, mentre i tagli ipotizzati dalla Morgante, insieme a quelli previsti per i contratti di servizio delle aziende, avrebbero portato a Palazzo Senatorio risorse per 700 milioni. Un’ulteriore dimostrazione, questa, di come un vero risanamento debba passare necessariamente attraverso una riduzione strutturale delle spese. Evitando la scorciatoia, poco gradita ai cittadini e alla lunga inefficace, dell’aumento di tasse e imposte.
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