Atac fa retromarcia, l'azienda frena sui trasferimenti in strada degli esuberi

Atac fa retromarcia, l'azienda frena sui trasferimenti in strada degli esuberi
di Riccardo Tagliapietra
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Domenica 1 Giugno 2014, 12:35 - Ultimo aggiornamento: 12:36
Gli esuberi saranno volontari e la conversione del loro contratto in part time, o lo spostamento di personale amministrativo a ruoli operativi, verranno concordati con i sindacati. Al momento resta pertanto rinviata alla positiva conclusione di questo primo processo l’individuazione dei criteri per la gestione delle eccedenze». Per Atac la formalità è di rito. Il bailamme scoppiato dopo la segnalazione di decine di casi di operai «imboscati» negli uffici amministrativi, ha convinto l’azienda a fare un passo indietro rispetto a una normativa, la 223 del 1991 (scomodata per la nuova riorganizzazione dell’azienda), che prevede il licenziamento in caso di rifiuto del lavoratore alla nuova mansione.

Una possibilità che era stata paventata anche dall’assessore Guido Improta a margine di un incontro, il mese scorso, nella sede storica del Pd in via dei Giubbonari, anche se - aveva aggiunto - «non c’è la volontà di arrivare a tanto». Lo spostamento dall’ufficio alla strada per i 323 amministrativi individuati dagli analisti di Atac, quindi, non sarà così semplice. Il piano dell’ad Danilo Broggi, che sta tentando di rimettere insieme i pezzi di un’azienda pubblica sgangherata, ma indispensabile per il funzionamento della città, subisce un rallentamento, anche se assicurano dall’azienda che «la strada intrapresa è quella giusta».



IL PIANO

Tutto è cominciato con l’annuncio di Atac un mese fa dell’imminente spostamento di 323 dipendenti amministrativi, dall’ufficio alla strada, per essere impiegati come controllori sui bus. Numeri scelti all’interno dei 1.627 impiegati assunti in azienda. Una mossa strategica per recuperare un settore, quello dell’evasione tariffaria, che ogni anno determina la perdita di milioni di euro a causa della cattiva abitudine di non pagare il biglietto. Gli esuberi erano stati così suddivisi: 312 ad Atac, 8 esuberi in Atac Patrimonio e 3 in Ogr, Officine Grandi Revisioni. Si tratta di circa il 20% dell’area colletti bianchi, avevano specificato dall’azienda.

Per spostare un amministrativo a una diversa mansione, per effetto della legge 223 del 1991, bisogna aver fatto una ricognizione su tutto il personale per vedere che non ci siano casi con una sorta di «precedenza contrattuale». Ma così, probabilmente, non è stato, perché negli uffici di Atac di via Silone e via Prenestina ci sono molti operai seduti dietro una scrivania.



GLI «IMBUCATI»

Di questi, alcuni, sarebbero stati raccomandati dalla politica, altri dal buonsenso di chi ha amministrato le aree di competenza interessate, i cosiddetti operai con esperienza qualificata e necessaria allo specifico settore. Ma in questo modo, nelle vecchie gestioni, per malizia o per necessità, si sono creati dei «mostri» giuridici dal punto di vista contrattuale: operativi, impiegati come amministrativi, la cui posizione non è mai stata sanata e che ora diventa un boomerang per i piani di ristrutturazione di Atac. Passi pure per i raccomandati, ma perché non regolarizzare la posizione di chi effettivamente quel posto se lo è meritato? Una patata bollente che oggi finisce nelle mani della direzione Broggi-Improta, che dovrà affrontare questo guaio ereditato dalle gestioni pasticciate dei predecessori.



LE REAZIONI

«Si continuano a commettere gli stessi gravi errori del passato - dice Sveva Belviso, capogruppo Ncd in campidoglio - Serve una assoluta discontinuità per risanare l’azienda abbandonando una volta per tutte le logiche che hanno visto la politica depredare una azienda pubblica che invece di produrre utili e servizi ha rappresentato soltanto un costo pagato a caro prezzo dai cittadini romani». Annunciata anche un’interrogazione parlamentare che già martedì potrebbe arrivare a Palazzo Chigi. Dal Campidoglio, dove nessuno vuole rilasciare dichiarazioni ufficiali, trapela il sentimento di assoluto sostegno in merito alla strategia operativa intrapresa dall’ad di Atac Danilo Broggi, «che ha sempre avuto a cuore l’obiettivo di salvare l’azienda», ma che resta per ora sull’orlo del baratro, con i suoi 219 milioni di deficit, in vista di una ricapitalizzazione che potrebbe farle finalmente tirare un sospiro di sollievo.
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