Atac, stipendi e corse a rischio per il buco da 65 milioni in 6 mesi

Atac, stipendi e corse a rischio per il buco da 65 milioni in 6 mesi
di Riccardo Tagliapietra
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Venerdì 20 Giugno 2014, 03:17 - Ultimo aggiornamento: 03:18
Atac sta in una tenda a ossigeno. Lo scorso marzo il passivo sfiorava i 40 milioni, oggi la cifra salita a 65 milioni di euro.

Un buco che lascia sgomenti, tanto che anche gli stipendi di luglio dei 12mila dipendenti sarebbero a rischio. E di conseguenza il servizio alla città verrebbe compromesso. Se n’è parlato ieri alla riunione del consiglio di amministrazione dell’azienda di trasporto pubblico capitolina, che mercoledì prossimo incontrerà l’azionista unico, il Comune di Roma, in vista dell’approvazione del bilancio che nel 2013 segna un rosso di 219 milioni di euro, che fa salire la perdita pregressa cumulata a 1,6 miliardi. Un rimedio potrebbe venire da una sistemazione del contenzioso tra Regione Lazio e Comune attraverso gli un diverso equilibrio finanziario tra Cotral e Atac.



Resta in ballo il tema dell’eventuale ricapitalizzazione della società Tpl, visto che negli ultimi dieci anni, per colpa di forniture ardite, appalti truccati, finanza un po’ troppo creativa, furti e una gestione alquanto discutibile, in molti hanno contribuito a prosciugare le casse dell’azienda, garantendo così l’erosione di circa un terzo del capitale. Con una condizione simile l’unica soluzione dettata dal codice civile è la ricapitalizzazione (in altre parole, l’azionista deve metterci dei soldi) o il fallimento (un’azienda privata avrebbe già portato i libri in tribunale) attraverso il quale Atac potrebbe essere smembrata e ceduto il suo ricco patrimonio immobiliare.



Futuro incerto. Un altro pezzo di verità la racconta Mazaras, la società di certificazione che ha esaminato i conti di Atac e scrive secca: «Impossibilitati a esprimere pareri e giudizi». I fornitori inoltre - tra i consiglieri si è discusso anche di ciò - faticano a fare nuovo credito. Ci sono urgenze di ricambi per la metro, centinaia di bus fermi nei depositi in attesa di pezzi che non arrivano, perché le ditte non sono più disposte a rischiare e perché a qualcuno potrebbe interessare (in caso di fallimento) entrare nel passivo, acquistando un diritto sul patrimonio. Intanto molte corse ogni giorno saltano e i riflessi sul servizio, a pieno regime solo dopo l’estate, potrebbero diventare pesanti.



Si temono poi le inchieste giudiziarie in corso, che hanno coinvolto i vecchi vertici aziendali (a qualcuno è stato ritirato il passaporto) ma che potrebbero riguardare anche facce «nuove». Si teme che l’ossigeno che Atac attende non arrivi in tempo. Nuovo giro, intanto, per la macrostruttura: Pietro Spirito, tolto dalla direzione centrale operazioni affidata a Roberto Monichino, va a Strategie e sistemi.



Il dossier. A premere sulle cifre è il Campidoglio. In un dossier l’assessore Guido Improta fa i conti in tasca alla Regione, dicendo che i soldi dati a Cotral (di proprietà) sono troppi se paragonati a quelli girati ad Atac. La ripartizione del Fondo nazionale trasporto prevista per Atac nel 2014 (140 milioni) infatti non basterà. In verità, secondo i sindacati ed altri esperti il problema reale riguarda i costi standard garantiti dal Fondo nazionale trasporti, che per questioni legate alla cattiva gestione del passato è per esempio di 3 euro al chilometro a Roma e 7 euro a Milano. Uno squilibrio che il governo dovrà rivedere, per la sopravvivenza di Atac.
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