Heysel, 29 maggio 1985: tra le 39
vittime il reatino Gianni Mastroiaco
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Gianni Mastroiaco
di Christian Diociaiuti
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Venerdì 29 Maggio 2015, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 19:58

RIETI - C’era anche lui, il reatino Gianni Mastroiaco, in quel maledetto stadio, in quella folle bolgia di hooligans, trascuratezza e approssimazione che si chiamava Heysel. Uno stadio che cadeva a pezzi e la violenza del tifo inglese, hanno portato via la vita di trentanove persone (oltre seicento feriti), lì soltanto per la finale di Coppa dei Campioni.

Lì soltanto per Juventus-Liverpool. Un fatto che esattamente 30 anni fa sconvolse Rieti, l’Italia e tutta Europa, il mondo del calcio e non solo.

LA JUVE NEL CUORE

Gianni Mastroiaco (alcune delle foto sono della famiglia Mastroiaco), all’epoca ventenne, era geometra, giocava a calcio in difesa e lavorava col papà. Soprannominato Zoff dagli amici, era innamorato della Juventus e solo poco prima dell’Heysel era stato a Torino per un’altra gara di Coppa dei Campioni. Per il Belgio rimediò un biglietto - non senza problemi per l’espatrio - grazie al club bianconero “Due Stelle” di Terni e partì. Il biglietto era per quello stramaledetto settore Z. Gianni non fece più ritorno a casa, lasciando mamma Santa, papà Raniero ed il fratello Claudio. Gianni fu vittima della follia e della disorganizzazione, in quella partita in cui all’inizio neanche chi era allo stadio capì molto, in quella partita in cui la (poca) polizia belga manganellava anche chi voleva mettersi in salvo portandosi sul campo di gioco. Tutto mentre chi era a casa in Italia e a Rieti guardava quanto accadeva al Tg1, su Rai Due e ascoltava Bruno Pizzul optare per una cronaca «in tono il più neutro [...] impersonale [...] e asettico possibile» considerato quanto accadeva. Quella partita si giocò e la coppa fu della Juve. Si festeggiò anche, sintomo della più totale incomprensione dei fatti avvenuti sugli spalti. “Gianni era partito con un pullman - ricordò a Il Messaggero la signora Santa, in occasione del venticinquennale - organizzato dallo Juventus club di Terni. C'erano anche altri ragazzi di Rieti. All'inizio non ci rendemmo conto di quello che era successo. Non ci chiamò nessuno. Come abbiamo saputo della morte di Gianni? Il papà andando al lavoro la mattina dopo sentì il suo nome alla radio”.

LA MESSA E IL RICORDO DELLO STADIUM

Ieri a Casette c’è stata una messa molto partecipata in onore di Gianni Mastroiaco.

Presente la famiglia e tanta gente che ha voluto omaggiare il ricordo di Gianni al campo coperto del polivalente. I nipoti del tifoso reatino morto all’Heysel hanno letto un messaggio allo zio mai conosciuto, mentre i familiari hanno deposto dei fiori al monumento al polivalente e sulla tomba al cimitero. Neanche lo Juventus Stadium ha dimenticato Gianni e le altre vittime: al 39esimo minuto di Juventus-Napoli di qualche giorno fa, la curva bianconera ha esposto lo striscione con la scritta “Nessuno muore davvero, se vive nel cuore di chi resta. Per sempre”. Contestualmente sono stati esposti migliaia di cartelli con i nomi dei tifosi scomparsi all’Heysel, tra cui quello dedicato a Gianni Mastroiaco, il cui nome campeggia anche nelle targhe dello stadio Re Baldovino di Bruxelles. La Juventus, come fa tutti gli anni, ha invitato la famiglia Mastroiaco alle celebrazioni a Torino.

DE TOMMASO: “IO ERO DAVVERO LÌ?”

Scampato alla tragedia perché in un altro settore dello stadio che oggi si chiama Re Baldovino, Fabrizio De Tommaso, grande sportivo e da sempre vicino al calcio dilettante reatino, ricorda così quel maledetto 29 maggio. “Ho un ricordo lungo trenta anni di quanto accadde - dice De Tommaso - per anni mi sono chiesto: ma io davvero ero lì? In quegli anni avevo fondato il club a Cittaducale: mi ricordo ancora di una cena a Torino. Con Tacconi c’erano il povero Scirea e due sconosciuti, come Prandelli e Pioli, dopo alla festa scudetto, e l’addio di Furino. Bei tempi, a soli 22 anni a Torino ero di casa. Trasferte con il Manchester United in Coppa, il Bordeaux e poi la finale in Coppa delle Coppe, una trasferta a Basilea fatta in autostop durata una settimana e la vittoria sul Porto. In quella occasione fu davvero una festa. L’anno successivo - continua De Tommaso, oggi 52enne - arrivò la grande occasione. Quella finale per una vittoria storica: stesso entusiasmo di Basilea, un viaggio bellissimo e nulla che lasciava presagire che solo il caso ci avrebbe allontanato dalla morte. Una cosa che nessuno ha detto e scritto mai: è vero che il crollo di un muro ha causato decine di morti ma nello stesso tempo è stata la via di fuga per migliaia di tifosi che, così facendo, hanno potuto trovare ricovero ed aiuto sul prato. Una delle più brutte storie che il calcio possa aver mai raccontato, dove purtroppo c’è stata morte e tanto dolore. È assurdo morire per una partita di calcio. Come è assurdo che quella Coppa sia in bella vista tra i trofei della Juventus. Quella partita non si doveva giocare e quella vittoria non doveva essere festeggiata. Ma si sa, il calcio in Italia passa davanti a tutto e tutti”. De Tommaso seppe della morte di Mastroiaco nel viaggio di ritorno da Bruxelles, un viaggio verso Cittaducale che assomigliava più a una fuga che un ritorno a casa.

MAI DIMENTICARE

L’Heysel, nella sua tragicità, ha insegnato qualcosa in fatto di stadi e tifo. Almeno all’estero, in Italia molto meno. Ma quel che colpisce è che Rieti non ha mai omaggiato concretamente quel ragazzo, strappato alla vita a soli vent’anni da una tragedia che non doveva succedere (oggi, Gianni, avrebbe avuto poco più di cinquanta anni). Ci pensa la Juve tuttora, ci pensò Tardelli quando venne a Rieti con l’Italia U21, non ci pensa la sua città. Viene da riflettere, estrapolando le parole di Ligabue da una canzone (I Campi in Aprile, Giro del Mondo 2015), dedicata a un altro ragazzo, un partigiano, ma pur sempre un ventenne come Gianni: “Se parti per sempre a neanche vent’anni non sei mai l’eroe sei per sempre il ragazzo”. Lo stadio di Rieti, dopo lungo discutere, alla fine è stato dedicato a Manlio Scopigno. E mentre si intitolano piazze e vie a nomi illustri, soprattutto politici, ma non della nostra città, a ricordare Gianni c’è solo il polivalente della sua Casette. Non una via, non una piazza, non un evento. Sarà il caso di pensarci su. Dopo trent’anni sarà anche ora.

LE VITTIME

Le trentanove vittime dell’Heysel pesano come un macigno sulla storia del calcio europeo. Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi ed un irlandese: un bollettino di guerra per quella che doveva essere solo una finale della Coppa Campioni. Questi i nomi delle vittime, tra cui il reatino Gianni Mastroiaco (tra parentesi gli anni). Rocco Acerra (28), Bruno Balli (50), Alfons Bos (35), Giancarlo Bruschera (35), Andrea Casula (11), Giovanni Casula (44), Nino Cerullo (24), Willy Chielens (41), Giuseppina Conti (17), Dirk Daeneckx (38), Dionisio Fabbro (51), Jaques François (45), Eugenio Gagliano (35), Francesco Galli (25), Giancarlo Gonelli (20), Alberto Guarini (21), Giovacchino Landini (50), Roberto Lorentini (31), Barbara Lusci (58), Franco Martelli (22), Loris Messore (28), Gianni Mastroiaco (20), Sergio Mazzino (38), Luciano Rocco Papaluca (38), Luigi Pidone (31), Benito Pistolato (50), Patrick Radcliffe (38), Domenico Ragazzi (44), Antonio Ragnanese (29), Claude Robert, Mario Ronchi (43), Domenico Russo (28), Tarcisio Salvi (49), Gianfranco Sarto (47), Amedeo Giuseppe Spolaore (55), Mario Spanu (41), Tarcisio Venturin (23), Jean Michel Walla (32), Claudio Zavaroni (28).

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