Adesso la questione torna d’attualità nella riflessione iniziata tra i membri della neonata commissione per la tutela dell’infanzia, un organismo consultivo voluto da Papa Francesco per uniformare la strategia pastorale contro la pedofilia. L’orientamento prevalente all’interno del collegio cardinalizio e tra i vescovi, tuttavia, resta sostanzialmente inalterato. Il prete pedofilo va punito subito, sollevato di conseguenza dall’incarico, reso innocuo, denunciato al tribunale diocesano ma non alle polizie. Salvo legislazioni apposite. Un orientamento che non è piaciuto tanto a due membri della commissione, due vittime, due persone che hanno subito sulla loro pelle le conseguenze delle violenze, i traumi, la vergogna.
“La commissione è pienamente consapevole che il tema della responsabilità è di massima importanza” si legge in un comunicato firmato dal cardinale di Boston Sean O'Malley, il quale punta ad individuare sanzioni per i vescovi che affrontano con negligenza, se non insabbiando, le accuse di pedofilia indirizzate ai preti della propria diocesi. Nella sua assemblea plenaria, prosegue la nota, "i membri sono stati d'accordo nel sottoporre all'attenzione del Papa una proposta iniziale. La commissione, inoltre, sta sviluppando processi per assicurare la responsabilità (accountability, ndt.) per ognuno nella Chiesa - preti, religiosi, laici - che lavorano con i minori".
L'inglese Peter Saunders, vittima da bambino di un prete pedofilo ha chiarito: «Se non c'è un'azione ferma della Chiesa nella protezione dei bambini in due anni lascio la commissione». C'è un «abissale primato di risposte inopportune da parte di troppi vescovi e preti» di fronte alle denunce e «troppi insabbiamenti». Secondo Saunders vi è la necessità, per le gerarchie ecclesiastiche, di denunciare i colpevoli alla giustizia civile.
Anche l’altro membro della commissione vittima da bambina di un prete pedofilo, l’irlandese Marie Collins, che «se in uno o due anni non cambia la situazione, non solo Peter, ma anche io non sarò più nella commissione». Si tratta, in particolare, di sancire definitivamente la «accountability» dei vescovi, con «sanzioni» quando essi agiscono in modo «negligente» di fronte alle accuse di pedofilia ad un sacerdote.
La donna irlandese non ha nascosto una certa «frustrazione» nei confronti dei tempi di lavoro della Chiesa su questi temi: «Come vittima vorrei vedere le cose muoversi più velocemente. Altrimenti non credo che mi vedrete ancora in questa commissione».
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