Teologo gay, il coming out di monsignor Charamsa scuote il Vaticano

Teologo gay, il coming out di monsignor Charamsa scuote il Vaticano
di Franca Giansoldati
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Domenica 4 Ottobre 2015, 10:04 - Ultimo aggiornamento: 10:17

CITTÀ DEL VATICANO - E (forse) vissero felici e contenti. Sono passate da poco le 13, in una via limitrofa a piazza del Popolo, davanti al ristorante 59, famoso per aver ospitato a pranzo Federico Fellini, una golf grigia se ne va chiassosamente sotto i flash di una selva di fotografi e cameraman. A bordo c'è una coppia (di promessi sposi) che sprizza gioia da ogni poro. Eduardo, spagnolo di Barcellona e Krzysztof Charamsa, il primo monsignore del Vaticano, docente di teologia in diverse università pontificie ad avere avuto l’ardire di uscire allo scoperto annunciando urbi et orbi la sua omosessualità, ammettendo così, indirettamente, la presenza di una nutrita lobby gay al di là del Tevere. «I preti omosessuali sono tanti». Quanti? Krzysztof dribbla. «Ho un compagno stabile che amo moltissimo» sussurra indicando Eduardo che gli si avvicina con delicatezza. Il coming-out, intanto, gli è già costato il posto di lavoro, visto che nel preciso istante in cui comunicava la sua decisione, un comunicato vaticano annunciava in diretta il suo siluramento. Una mossa «molto grave e non responsabile», una «indebita pressione mediatica sul sinodo per la famiglia che inizia oggi». Morale: «l'ecclesiastico non potrà più continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie». Fine della comunicazione. Il resto delle conseguenze, e cioè la possibile riduzione allo stato laicale, dipenderà dalle decisioni del suo vescovo in Polonia. Insomma, per ora è licenziato in tronco, poi si vedrà. Le conseguenze economiche però non sono sembrate angustiarlo più di tanto. Ha scritto un libro sulla sua storia. Uscirà presto in italiano ed è già stato tradotto in polacco. Prevedibilmente sarà un best seller mondiale, una icona per la comunità gay.

MEA CULPA Il sacerdote polacco ha lavorato per l'ex Sant'Uffizio 17 anni, fornendo contributi teologici ai documenti dottrinali. «Chiedo perdono alla comunità omosessuale per il mio sofferto silenzio all'interno della Congregazione.

In questi anni sono stato testimone di una esasperata omofobia , di un freddo dottrinarismo che non ha nulla a che fare con il Vangelo. I traumi che ho riportato mi hanno indotto a uscire allo scoperto, e raccontare ciò che c'è dentro il Sant'Uffizio, il cuore della omofobia irrazionale, dove non è mai stato intrapreso nessun serio studio sull'omosessualità». Charamsa voleva vuotare il sacco. Era un fiume in piena. Ogni tanto la voce si incrinava per l'emozione, per la rabbia, per l'amarezza. Un miscuglio di sentimenti. «Mi identifico nella Chiesa ma rifiuto e denuncio il clima esasperato di paranoica omofobia dei nostri ambienti. Non possiamo più odiare le minoranze sessuali perché così facendo odiamo gran parte dell' umanità. Io ho vissuto sulla mia pelle questo esasperato paranoico odio verso i miei fratelli. Voglio dire alla mia Chiesa: apri gli occhi. La sofferenza delle persone omosessuali, il loro desiderio di amore, di rispetto, delle loro scelte di vita che sono scelte umane, non disumane! Nessuno ha diritto a chiamarle disumane». Per il Vaticano è un colpo basso. Il cardinale Mueller, prefetto del Sant'Uffizio non ne sapeva niente e non si era mai accorto di niente. Charamsa viveva una doppia vita senza dare nell' occhio. «Non ho ancora detto nulla al Papa, ma gli ho scritto una lettera che spero di consegnarli in questi giorni». L'uscita pubblica è accompagnata da un «Manifesto di Liberazione» composto da dieci punti, riassumibili in una serie di richieste alla Chiesa. Modificare i documenti omofobi, il Catechismo, l'atteggiamento generale verso le comunità gay e le leggi nazionali a favore delle unioni di fatto. «L'Italia ormai è pronta e anche gli italiani». Ai padri sinodali il monsignore lancia un messaggio: «Voglio dire che nessuna famiglia può essere esclusa dalla Chiesa. I ritardi sono disumani». Infine una panoramica sui «tanti» sacerdoti che continuano a vivere scissi, da una parte la vita sacerdotale e dall’altra quella emotiva e sentimentale con un uomo. «Questo coming-out lo dedico a loro. Spero che possano essere preti felici nella Chiesa. Purtroppo molti non trovano la forza di fare un gesto come il mio. Eppure sono ottimi sacerdoti».

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