Il Sinodo/ Ma la storia e le donne non c'erano

di Lucetta Scaraffia
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Domenica 25 Ottobre 2015, 23:46 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 00:04
E' stata un’affermazione netta quella del Papa al Sinodo, praticamente all’unanimità per quasi tutto il documento finale, con una vittoria ai punti sul paragrafo più controverso, approvato comunque dai due terzi dei votanti. Un risultato dovuto anche alla capacità di coloro che hanno steso il nuovo testo - finalmente utilizzando un linguaggio quasi normale invece del melenso ecclesialese - di conciliare opinioni differenti nel comune sguardo evangelico. Ma non solo. Molto si deve proprio al Papa, alla sua presenza umile e attenta durante tutto il sinodo, al suo mescolarsi tra noi senza nessuna cerimonia durante la pausa caffè, al suo depositare il cappotto al guardaroba ritirando con semplicità il numero per riprenderlo all’uscita, come tutti. Un comportamento che ha chiarito subito un fatto, nonostante quello che voci maligne mettevano in giro: Bergoglio non aveva nessuna intenzione di prevaricare, di forzare le decisioni dei padri sinodali. Così, mentre fuori si succedevano scoop mediatici pilotati per denigrare la sua fatica e quella di tutti i partecipanti, dentro il sinodo le ferite si rimarginavano, i pareri differenti nel confronto si appianavano, perché emergeva comunque la volontà condivisa di difendere la famiglia e di pensare al bene della Chiesa.

Certo, il dibattito - vivace e in certe occasioni anche conflittuale - c’è stato, e questa è una grande novità: dopo decenni si è sentita, per la prima volta in una riunione ecclesiastica di questa importanza, la forza vitale sprigionata da un vero confronto. Si è sentita la forza della realtà, della verità: punti di vista diversi, alti ecclesiastici provenienti da continenti diversissimi, hanno confrontato esperienze vere e messo in luce problemi diversi, ma anche hanno sentito di essere mossi da un anelito comune. Un anelito a rendere la Chiesa più viva, più capace di affrontare le situazioni complesse e dolorose che il mondo le impone, una Chiesa più coraggiosa e capace di uscire allo scoperto.

Nel dibattito del sinodo però due sono state le assenze: quella della Storia, e quella delle donne. La formazione ecclesiastica, così centrata sulla teologia, fa spesso dimenticare ai padri che i principi difesi come assoluti sono invece frutto di decisioni prese nel corso del processo storico, legate a determinate condizioni e non dogmi indiscutibili: solo un padre ha citato il concilio di Trento, al quale si deve l’attuale sistemazione della teologia della famiglia. Facendo presente, giustamente, che a Trento - a metà del Cinquecento - i padri erano stati più concreti nell’affrontare la questione, meno attaccati ai principi ma più attenti alla realtà delle famiglie.

Le donne poi erano pochissime, e in teoria non avrebbero potuto parlare neppure nei gruppi di lavoro. Per fortuna, nella realtà siamo state ascoltate, e qualche cosa di ciò che avevamo detto è perfino passata nel documento finale. Ma non si può certo considerare questo un apporto sufficiente: il problema della famiglia potrà essere affrontato sul serio, nella vita reale, solo quando saranno ascoltate le donne, cuore della vita familiare ma anche, negli ultimi decenni, causa della crisi che la famiglia sta vivendo. Però, per la prima volta - va ripetuto e sottolineato - qualche voce femminile si è fatta sentire, e tracce del punto di vista delle donne sono state riprese anche nel documento finale.

È stata l’assenza di un approccio storico, e quella di un punto di vista femminile autorevole, a tenere spesso il dibattito lontano dalla realtà, ad ancorarlo, in gran parte, alle questioni dottrinali che interessano solo limitatamente i fedeli. Ma in ogni caso è stato un dibattito vero, vitale, che ha restituito l’immagine e la realtà della Chiesa come istituzione viva, dove ci si confronta, si litiga perfino, come nelle famiglie vere. E poi si prova la gioia della riconciliazione, che non è cedimento o sconfitta, ma scoperta che ciò che unisce è più importante di ciò che divide.