«Papa Francesco vuole andare in Iraq. Un viaggio breve. Potrebbe essere, secondo me, tutto in una giornata: partenza da Roma, arrivo a Baghdad, saluto alle autorità; quindi Erbil, al nord, per vedere, incontrare, abbracciare i rifugiati cristiani di Mosul, celebrare la messa, infine tornare a Roma la sera stessa. Per lui sarebbe una gioia enorme». Barbarin che in Iraq c’è stato due volte negli ultimi mesi per portare ai profughi solidarietà materiale e spirituale, rivela i contorni di un progetto ambizioso e complicato. Monsignor Sako, patriarca dei Caldei, è il primo a riconoscere che non sarà semplice ad organizzare il viaggio. Chissà se si farà. “Dipende dalle condizioni di sicurezza”.
La delegazione di Yazidi intanto ha ringraziato Bergoglio per rappresentare il “padre dei poveri”, per il suo sostegno agli yazidi in questo tempo di persecuzione e sofferenza. Il Papa ha voluto essere informato della situazione delle circa cinquemila donne yazide ridotte in schiavitù dall’Isis. La delegazione ha messo in risalto le buone relazioni fra gli yazidi e i cristiani e la loro reciproca solidarietà. L’incontro è durato oltre mezz’ora e si è svolto nella Biblioteca privata nel Palazzo Apostolico.
L’idea di volare a Bagdad a Bergoglio era venuta quest’estate, poco prima del viaggio in Corea. Purtroppo la situazione in Iraq non lo hanno consentito: a bordo dell’aereo era stato il Papa stesso a rivelare ai giornalisti del suo progetto slittato a data da destinarsi. Chissà se il 2015 sarà davvero l’anno buono per realizzare una trasferta tanto simbolica quanto difficile; non vi riuscì nemmeno Giovanni Paolo II.
Nel 2000, durante il Giubileo, fu costretto a rinunciare per il veto posto da Saddam Hussein, all’epoca ancora al potere. Così il pontefice fu costretto a celebrare una messa a Roma, ricordando, durante il rito, la cittadina di Ur dei Caldei, dove la tradizione individua il luogo di nascita del profeta Abramo, padre delle tre religioni monoteiste.
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