Il Papa a Strasburgo, scossa del Papa all'Europa cristiana

di Lucetta Scaraffia
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Martedì 25 Novembre 2014, 06:01 - Ultimo aggiornamento: 10:15
Se per Benedetto XVI l'Europa che ha rinnegato le radici cristiane è una spina nel fianco, una sofferenza che attraversa quasi tutti i suoi scritti e i suoi documenti, per Francesco, il papa che viene dalla fine del mondo, l'Europa è al tempo stesso una sfida e un modello di riferimento: “L'Europa non è invecchiata. No! È stanca, si è stancata. Dobbiamo aiutarla a ringiovanire, a trovare le sue radici. È vero: ha rinnegato le sue radici. È vero. Ma dobbiamo aiutarla a ritrovarle”.



In questo momento di profonda crisi - non solo economica, ma più profondamente culturale e spirituale - che l'Europa sta vivendo, a molti la Chiesa non appare più come un'istituzione superata, un residuo di oscurantismo da dimenticare, ma piuttosto come un'ancora di salvezza possibile. È una speranza che rintracciamo nelle parole del presidente Schulz, che denuncia “senso di smarrimento, ricerca di colpevoli e non di soluzioni” e auspica “un'Europa che rinnovi i valori di solidarietà, tolleranza, rispetto della persona e uguaglianza, che hanno ispirato i padri fondatori”.



E quando Schulz parla di padri fondatori, forse, non intende solo riferirsi all'anima cattolica di molti costruttori dell'unità europea, ma a un fatto originario: proprio quei valori che, giustamente, gli europei difendono come loro specifico contributo alla cultura umana - l'eguaglianza, il rispetto verso ogni essere umano, la solidarietà - nascono dalla tradizione cristiana. Insomma, mentre la crisi economica sta seminando miseria e disoccupazione e la ribellione serpeggia nelle periferie delle metropoli, anche il laicissimo governo europeo volge con speranza lo sguardo verso papa Francesco, affinché ricordi ai suoi cittadini chi sono e in cosa credono.



Si tratta di una visione anticipata in modo chiaro dal segretario di Stato vaticano Parolin, che ha ricordato che rifarsi alle radici cristiane significa partire da “una visione integrale dell'uomo”, cioè da “un uomo considerato in tutte le sue dimensioni, quindi compresa anche la dimensione spirituale e la dimensione trascendente”, e “che è attrezzato proprio per questa integralità di approccio a dare una risposta adeguata e costruttiva alle sfide”. Il cardinale ricorda poi come, proprio nel trattato di Lisbona, i valori richiamati siano fondamentalmente valori cristiani, che hanno le loro radici nella storia e nell'apporto che il cristianesimo ha dato al continente.



E ha concluso: “Se si cerca di viverli e di realizzarli io credo che si sta dando vigore alle stesse radici cristiane dell'Europa”. I cristiani, infatti, possono contribuire a trasformare una cultura burocratica e percorsa da fermenti utopistici assunti acriticamente - quale per molti versi è quella creata dagli organismi europei - in un'istituzione che abbia cuore e anima, della quale i cittadini possano veramente sentirsi parte viva e consapevole.



Ma per fare questo l'Europa deve trovare la forza di attingere alla ricchezza del suo passato e alla profondità della sua tradizione umanistica, che in buona parte affondano le loro radici nel pensiero cristiano. E la Chiesa deve saper leggere, all'interno di provvedimenti - talvolta vere e proprie ingiunzioni - che sembrano trovare spiegazione solo nella cieca dipendenza dalle ideologie più alla moda, le tracce del soffio dello Spirito.



Il cambiamento di atteggiamento nei confronti delle donne, in primo luogo, e degli omosessuali, deve essere interpretato anche come uno stimolo a rivedere paradigmi rigidi e dogmatici che negano valori essenziali al cristianesimo stesso. Finora è solo il papa ad aver fatto il primo passo, aprendosi a questo nuovo sguardo. Adesso tocca all'Europa, con la consapevolezza che ne va della sua stessa esistenza.