Papa Roncalli, l'aiutante e il papa in fuga per vedere Roma di nascosto

Papa Roncalli
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Martedì 1 Aprile 2014, 20:28 - Ultimo aggiornamento: 20:29
Il Vaticano gli stava stretto. Otto giorni dopo essere stato eletto Papa all'ennesima passeggiata nei giardini vaticani mi ha chiesto: ma il giro è sempre questo?». Guido Gusso, aiutante di camera di Giovanni XXIII, racconta il Roncalli di tutti i giorni, quello che ha accompagnato per cinque anni al patriarcato di Venezia e altri cinque tra le stanze del Palazzo apostolico. «Mi diceva: portami al Gianicolo, al 'fontanone'», racconta Gusso e qualche piccola 'fuga' insieme l'hanno poi davvero fatta. Quella più rocambolesca da Castel Gandolfo per vedere i Prati del Vivaro.



«Mi chiese di procurarmi le chiavi di un cancello vicino al cimitero che era sempre chiuso. Poi lasciammo passare una decina di giorni e quindi sulla mia Opel, blu e avorio, prima facemmo qualche giro nei giardini, poi aprii il cancello e andammo via, ai Prati del Vivaro», seminando gendarmeria, polizia e guardie svizzere. L'auto era una macchina comune, non la Chrysler pontificia, ma l'uomo dentro vestito di bianco non passava inosservato. «Le auto ci seguivano, quando passammo per Marino la gente ci bloccò. Ricordo la gente che urlava: 'viva il Papa'. Ma anche 'Ah Giovà'!», racconta divertito Gusso.



Un'altra volta «volle andare a vedere sul lago di Albano i lavori per le Olimpiadi del '60. Un'altra volta a Roma andammo in una clinica per andare a trovare un ambasciatore inglese suo amico che stava male». Ma l'aiutante di camera racconta anche il Papa, che poi «tanto buono non era», dice Gusso facendo riferimento alla fermezza delle decisioni, che non voleva che si inginocchiasse ogni volta in sua presenza, che anticipava la cena per consentire al suo aiutante di andare a scuola di inglese, che tirava fuori i soldi dalla sua tonaca bianca quando qualcuno ne aveva bisogno, per esempio per sposarsi. C'è poi quella volta che appesero i quadri nel Palazzo apostolico «ma a lui non piaceva la disposizione e mi disse:
«Fatti lasciare chiodi e scala. E il giorno dopo li abbiamo staccati dalle pareti e rimessi come voleva lui».



Gusso sulla scala e il Papa sotto che lo reggeva dai piedi. E poi «quante volte ero in ritardo per la Messa delle 7 e veniva lui a bussarmi alla porta:
«Guido, devi venire a servire Messa». Però il Papa gliele passava tutte a quell'aiutante, custode di tanti segreti. «Ma prima di morire mi ha chiamato per tirarmi le orecchie e mi ha detto tutto quello non mi aveva detto in dieci anni: soprattutto di accostarmi di più ai sacramenti e di non essere attaccato ai soldi. Mi voleva promuovere e invece gli chiesi di proteggere dal cielo me, il mio Giovannino e mia moglie Antonia. E stato così. Ho avuto un tumore e altri guai e quando ho avuto bisogno sono sempre andato a tirarlo per la sottana».



Gusso dopo tanti anni parla anche di 'cimici'. «Altrimenti - dice - come faceva il 'Borghese' a riferire il contenuto delle conversazioni telefoniche riservate tra il Papa e il Segretario di Stato?». Oppure l'incontro con il primate anglicano Geoffrey Fisher. «Talmente erano sconcertati che non inviarono neanche un fotografo» e infatti di quell'incontro non c'è immagine. È un fiume di ricordi e emozioni e si sente un privilegiato per avere vissuto con un Papa che «per me è già santo, non ho bisogno delle firme». E pensare che a Venezia gli aveva chiesto una raccomandazione per un posto in banca. «Al patriarcato lo stipendio era davvero basso e io volevo sposare la 'morosa', anche lei di Caorle, il mio paese. Monsignor Roncalli rispose:
«Stai tranquillo, il tuo avvenire nessuno te lo tocca. Me ne andai un po' perplesso. Dopo un anno è diventato Papa».
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