CITTA' DEL VATICANO - Al di là del Tevere nessuno vuole confermare. Eppure la notizia sta facendo il giro del mondo mettendo i brividi a non poche persone. A qualche settimana dal viaggio del Papa nelle Filippine emerge che proprio in quei giorni c’era un gruppo islamico, Jemaah Islamiyah, legato ad al Qaida, che stava pianificando di assassinare Papa Francesco.
Il piano sarebbe scattato con l'aiuto del terrorista malese Marwan, alias Zulkilfi bin Hir.
La visita di Bergoglio nelle Filippine, a causa delle misure strettissime di sicurezza, aveva paralizzato la megalopoli mettendo in crisi 12 milioni di abitanti. Per proteggerlo dal rischio di un attentato il governo aveva previsto imponenti misure. Gli addetti alla sicurezza ritenevano la visita papale “un vero e proprio incubo”. Parola del portavoce presidenziale, Edwin Lacierda. Almeno 40 mila poliziotti erano stati dislocati nelle aree interessate agli spostamenti, ed era stato interdetto lo spazio aereo, le telecomunicazioni oscurate. Il fatto che Bergoglio avesse insistito per non utilizzare una macchina blindata aveva complicato ulteriormente i piani della sicurezza. “Questo evento resta la più preoccupante operazione sicurezza a cui dobbiamo fare fronte. Per noi è davvero un incubo”, aveva sintetizzato il generale Gregorio Catapang, capo delle forze armate del Paese.
I precedenti non facevano ben sperare. Paolo VI, quando arrivò a Manila, fu accoltellato di striscio da un pazzo, mentre nel 1995, poco prima dell'arrivo di Giovanni Paolo II la polizia sventò un piano devastante: un commando legato al gruppo islamico di Abu Sayyaf doveva far saltare una bomba mentre passava la papamobile. Un piano analogo a quello che Al Qaeda aveva preparato per Papa Francesco.
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