Urbi et Orbi, Papa Francesco: «Il mondo sottomesso ai trafficanti di armi»

Urbi et Orbi, Papa Francesco: «Il mondo sottomesso ai trafficanti di armi»
di Franca Giansoldati
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Domenica 5 Aprile 2015, 13:08 - Ultimo aggiornamento: 13:09
Armi e traffico di droga. La catena del male inizia da lì. E il mondo sottomesso al potere dei trafficanti. Ricchi, influenti, corrotti. Papa Bergoglio dichiara guerra, urbi et orbi, nel giorno di Pasqua, a gente senza scrupoli che agisce spesso persino con il benestare di tanti governi che chiudono gli occhi, facendo finta di non vedere il marcio che dilaga. «In questo giorno chiediamo pace per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne».



Da lontano, Bergoglio, situato sulla Loggia delle Benedizioni, sembra un puntino bianco. Sembra bisbigliare, eppure quel grido di dolore soffiato con forza davanti al microfono che si diffonde immediatamente per tutta la piazza sottostante e poi per via della Conciliazione ha fatto venire i brividi alla folla. A quelle parole sono seguite altre frasi, e un lungo elenco dei luoghi del terrore, della vendetta, dell'odio: la Libia dove è in corso la guerra civile, e dove i tagliagole dell'Isis continuano a seminare paura tra la gente. Chi vende loro le armi? Già, bella domanda. E ancora. L'Iraq, la Siria, il Medio Oriente, lo Yemen, il Congo, il Niger, il Pakistan, la Nigeria e per ultimo il Kenya, dove a piazza san Pietro sono state evocate nuovamente le studentesse e gli studenti cristiani accoppati con brutalità dai miliziani jihadisti solo perchè non conoscevano il Corano.



Il Papa chiede pace, invita a non arretrare: dialogo significa anche essere forti nella speranza di un mondo migliore, che si può costruire con l'apporto delle persone di buona volontà. Francesco apprezza l'accordo che è stato siglato a Ginevra per il controllo del nucleare in Iran. Un passo avanti, nella giusta direzione. Non è la prima volta che Bergoglio alza la voce contro i trafficanti d'armi. Lo ha fatto diverse volte, durante udienze o incontri pubblici, chiedendo ai presenti di riflettere: queste guerre a chi portano beneficio? Il business della morte. Un po' di tempo fa l'Osservatore romano ha pubblicato una riflessione sul traffico delle armi, partendo da una frase tratta da un film: «C’è un’arma ogni dodici persone nel mondo, il mio compito è armare le altre undici».



Le parole erano di Yuri Orlov, il personaggio di Lord of War (2005), interpretato da Nicolas Cage e ispirato a una storia vera — quella di Ludwig Fainberg, criminale narcotrafficante catturato e condannato nel 1999 dalle autorità statunitensi. La verità è che il mercato clandestino delle armi è una piaga che ha dimensioni spaventose, in continua metamorfosi; secondo un rapporto dell’Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), nel 2010 il valore complessivo del mercato legale ammontava, alcuni anni fa, a circa 1,58 miliardi di dollari, mentre quello dell’illecito raggiungeva i 320 milioni di dollari l’anno. Ma in realtà, nelle tasche dei grandi cartelli criminali finiscono molti più soldi, ed è impossibile tracciare un bilancio attendibile o anche solo definire i contorni del fenomeno. Secondo il rapporto annuale del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2012 si sono spesi nel mondo 1.753 miliardi di dollari per le armi. A ciò si aggiunge un altro aspetto, nuovo, e ancor più complesso: quello del traffico clandestino su siti specializzati in rete che violano ogni tipo di controlli.



Il primo problema concerne l’interazione tra il mercato legale e quello illegale. La maggior parte delle armi vendute illegalmente proviene dal mercato legale, e viene sottratta e fatta circolare grazie alle lacune dei controlli da Stato a Stato. A volte si fa finta di non vedere, mentre la corruzione avanza. Naturalmente i poli attrattivi del traffico sono soprattutto le zone di guerra, dove sono attivi piccoli gruppi di miliziani perennemente affamati di armi. Gli embarghi vengono sistematicamente violati. Nel silenzio generale.
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