Una donna cardinale: Papa Francesco alle prese con l’ultimo tabù

Papa Francesco
di Lucetta Scaraffia
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Martedì 24 Settembre 2013, 08:45 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 11:32
Nominare una donna cardinale: l’ipotesi-proposta del Pas non del tutto nuova. Altre voci si sono alzate, negli anni – personalmente voglio ricordare la grande antropologa inglese Mary Douglas, cattolica – per indicare questa via maestra per dare autorità e quindi aumentare l’autorevolezza delle donne nella Chiesa. La nomina avrebbe infatti il grande vantaggio di essere possibile, senza implicare il problema spinoso dell’ordinazione sacerdotale femminile. Costituirebbe un atto di cambiamento forte, significativo, di quelli che ormai siamo abituati ad aspettarci da Papa Francesco. E non stupirebbe poi molto, in fondo, dopo avere ascoltato le frasi impegnative che ha pronunciato recentemente il Papa sul ruolo delle donne nella Chiesa.



Certo, sarebbe una rivoluzione così forte da scuotere la posizione di diffidenza e di disinteresse che gran parte del clero assume nei confronti delle donne, religiose e laiche, perché è ormai chiaro che le esortazioni a tenere conto in modo diverso della presenza femminile – avanzate sia da Giovanni Paolo II che da Benedetto XVI – non hanno dato che modesti frutti. Papa Francesco ha parlato senza mezzi termini di donne in posizioni importanti, ma non è facile realizzare in modo decisivo questa riforma. Certo, a tutti – cioè al mondo al di fuori delle gerarchie ecclesiastiche – sembra molto strano, e in particolare chiaramente sbagliato, che non ci siano donne in posizioni direttive all’interno di organismi decisionali come i Pontifici Consigli che trattano di temi che le coinvolgono in prima persona: non ci sono donne, infatti, nell’istituzione che regola i problemi dei Religiosi – anche se le donne costituiscono i due terzi del numero totale dei religiosi –; nel Pontificio Consiglio per i laici, che ovviamente almeno per metà sono donne; nel Pontificio Consiglio della famiglia, dove la loro presenza dovrebbe essere ovvia. Ma anche nell’istituto che regola l’assistenza sanitaria, in gran parte gestita - e bene - da congregazioni femminili. E non dobbiamo poi dimenticare che le donne dovrebbero partecipare alle decisioni di tipo culturale, o a quelle che riguardano le comunicazioni. In entrambi questi ambiti, al di fuori della Chiesa, ma in parte anche all’interno, le donne ormai ricoprono ruoli importanti, dando prova di grandi capacità.





E ancora: perché nelle congregazioni che precedono il conclave i cardinali elettori non hanno avuto modo di ascoltare neppure una donna, religiosa o laica? Oggi le donne si rifiutano di essere rappresentate da uomini in qualsiasi occasione, ed esigono, giustamente, di essere ascoltate. Quello che manca alla Chiesa è proprio questo: la disponibilità ad ascoltare le donne, considerate solo come obbedienti esecutrici di direttive altrui, o fornitrici di servizi domestici.





Dimenticando che la Chiesa deve veramente tanto alle donne che ne hanno fatto – e ne fanno tutt’ora – parte. Cosa sarebbe la mistica senza Teresa d’Avila? E chi ha proposto la devozione in assoluto più diffusa al mondo, cioè il Sacro Cuore di Gesù, se non una monaca francese, Margherita Maria Alacoque? E quanto deve a tutte le fondatrici di congregazioni di vita attiva dell’800 che hanno creato una rete di scuole, ospedali, orfanatrofi, garantendo alla Chiesa – nel momento della massima tensione anticlericale – un’immagine positiva e utile alla società che le ha assicurato la fedeltà di molti credenti allora in bilico? Anche oggi le religiose stanno nel cuore di tutte le situazioni difficili e dolorose, e sanno intervenire con coraggio e buon senso, senza chiedere né sperare alcun riconoscimento. E che dire delle monache di clausura, che sostengono la fede di tutti noi, e la purezza della Chiesa, con la loro orazione incessante? E le tante catechiste che assistono i parroci sempre più oberati di lavoro, e spesso depressi?





Sembra veramente incredibile che le gerarchie ecclesiastiche pensino che queste donne non abbiano nulla da dire, nulla di interessante da suggerire. Che non siano, cioè, interlocutori indispensabili per creare un futuro vitale alla Chiesa.





Ma Papa Francesco, che vuole soprattutto "scaldare i cuori", sa che le donne, nel fare questo, sono maestre e che un futuro diverso, più vivo, non può essere realizzato senza il loro attivo contributo.
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