Il Papa in visita nel carcere di Rebibbia: scambio di abbracci con i detenuti poi la lavanda dei piedi a 12 di loro

Il Papa in visita nel carcere di Rebibbia: scambio di abbracci con i detenuti poi la lavanda dei piedi a 12 di loro
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Giovedì 2 Aprile 2015, 17:46 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 16:19

Papa Francesco è andato in visita alla casa circondariale Nuovo Complesso Rebibbia di Roma dove, nella chiesa «Padre Nostro», celebrerà la messa «in coena Domini» del Giovedì Santo, inizio del Triduo Pasquale. Durante la cerimonia il pontefice ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a sei detenuti e sei detenute, per metà stranieri.

I dodici a cui il Papa ha lavato i piedi durante la messa sono due detenute nigeriane (una del nido), una congolese, due italiane e un'ecuadoregna, e inoltre un detenuto brasiliano, un nigeriano e quattro italiani. Nella chiesa il Papa ha incontrato 150 donne detenute (comprese 15 mamme con bambini) e 150 detenuti.

Papa Francesco, nel cortile del carcere romano di Rebibbia, ha salutato e baciato uno ad uno i detenuti che lo attendevano a centinaia. Il Papa ha stretto le mani dei detenuti, li ha abbracciati, ha scambiato con loro baci sulle guance e parole di conforto e di incoraggiamento. Ad accompagnarlo lungo la transenna è stato il cappellano di Rebibbia, don Pier Sandro Spriano, da cui è partito l'invito per la visita accolto dal Pontefice, che gli ha parlato delle situazioni e delle provenienze di alcuni dei reclusi. I detenuti si sono mostrati molto sorridenti e hanno spesso applaudito il Papa.

«W papa Francesco. Benedici chi non c'è più», con una foto e la scritta «Davide».

Il Papa ha benedetto un cartellone con la foto di un detenuto scomparso, mostratogli dai reclusi che ha salutato. Tra scene di grande affetto, i reclusi - tra cui molti stranieri - hanno anche gridato «Viva il Papa».

«Grazie per la calorosa accoglienza. Grazie tante», ha detto il Papa salutando i detenuti incontrati nel cortile.

Fuori dalla chiesa Francesco ha salutato anche il personale della Polizia Penitenzieria, il personale amministrativo e i volontari. Ad accogliere il Papa, oltre al cardinale vicario di Roma Agostino Vallini, c'erano anche i cappellani del carcere don Pier Sandro Spriano, don Roberto Guernieri, padre Moreno Versolato e don Antonio Vesciarelli.

Il papa è entrato poi in processione nella chiesa «Padre Nostro» del carcere per celebrare la messa. Entrando, è stato subito circondato dall'affetto dei detenuti presenti, che lo hanno avvicinato per salutarlo, toccarlo, stringergli le mani. Concelebrano con il Papa, tra gli altri, il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, e l'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto presso la Segreteria di Stato.

Il polo penitenziario di Rebibbia ospita circa 2.100 detenuti, di cui 350 donne. Francesco è il terzo Papa che si reca in visita al carcere di Rebibbia, dopo Giovanni Paolo II il 27 dicembre 1983 (quando ebbe un colloquio con il suo attentatore Alì Agca) e Benedetto XVI il 18 dicembre 2011.

«Pregate perché Dio lavi le mie sporcizie». «Anche io ho bisogno di essere lavato dal Signore: e per questo pregate, durante questa messa, perchè il Signore lavi le mie sporcizie, perchè io diventi più schiavo di voi, più schiavo nel servizio alla gente, come è stato Gesù». È quanto ha detto papa Francesco ai detenuti di Rebibbia nell'omelia della messa col rito della lavanda dei piedi.

«Io laverò oggi i piedi di dodici di voi, ma in questi fratelli e sorelle ci siete tutti voi, tutti, tutti, tutti quelli che abitano qui. Voi rappresentate loro», ha detto il Papa. Durante l'omelia, Francesco ha spiegato quanto fece Gesù con i discepoli, «che non capivano», lavare loro i piedi. «In quel tempo - ha ricordato - questo era un'abitudine, perchè la gente quando arrivava ad una casa aveva i piedi sporchi di polvere del cammino. Non c'erano i sampietrini in quel tempo - ha scherzato - e c'era la povere del cammino e all'entrata della casa all'ospite gli si lavava i piedi». «Ma questo non lo faceva il padrone della casa - ha proseguito -, lo facevano gli schiavi, era lavoro di schiavi e Gesù lava come uno schiavo i nostri piedi, i piedi dei discepoli, e per questo dice a Pietro 'ciò che io faccio tu ora non lo capiscì. È tanto l'amore di Gesù che si è fatto schiavo per servirci, per guarirci, per pulirci».

«Oggi in questa messa - ha spiegato ancora il Papa - la Chiesa vuole che il sacerdote lavi i piedi di dodici persone, memoria dei dodici apostoli. Ma nel cuore nostro dobbiamo avere la certezza, dobbiamo essere sicuri che il Signore quando ci lava i piedi, ci lava tutti, ci purifica. Ci fa sentire un'altra volta il suo amore».

«Nella Bibbia - ha aggiunto - c'è una frase, nel profeta Isaia, tanto bella: "ma può una mamma dimenticarsi di un suo figlio? Se una mamma si dimenticasse del suo figlio io mai mi dimenticherò di te". Così è l'amore di Dio per noi». Il Pontefice ha anche ricordato che «Gesù ci amò, Gesù ci ama, ma senza limite, sempre fino alla fine. L'amore di Gesù per noi non ha limiti. Sempre di più, sempre di più. Non si stanca di amare, con nessuno, ama tutti noi, al punto di dare la vita per noi. Sì dare la vita per noi, sì dare la vita per tutti noi, dare la vita per ognuno di noi, e ognuno di noi può dire 'dà la vita per mè, ha dato la vita per ognuno con nome e cognome, e il suo amore è così, personale». «L'amore di Gesù non delude mai - ha concluso il Papa rivolto ai detenuti -. Perchè lui non si stanca di amare, come non si stanca di perdonare, non si stanca di abbracciarci».

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