Papa Francesco nel paese del piccolo Cocò, bruciato e ucciso dalla 'ndrangheta: «I mafiosi sono scomunicati»

Papa Francesco nel paese del piccolo Cocò, bruciato e ucciso dalla 'ndrangheta: «I mafiosi sono scomunicati»
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Sabato 21 Giugno 2014, 10:43 - Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 13:59

La 'ndrangheta questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. Lo ha detto il Papa nella omelia della messa che celebra nella Piana di Sibari, davanti a oltre duecentomila persone.

«Quando all'adorazione del Signore si sostituisce l'adorazione del denaro - ha detto il Papa nell'omelia della messa che celebra a Piana di Sibari davanti a oltre duecentomila persone - si apre la strada al peccato, all'interesse personale e alla sopraffazione.

Quando non si adora il Signore - ha proseguito - si diventa adoratori del male, come lo sono coloro che vivono di malaffare, di violenza, la vostra terra, tanto bella, conosce le conseguenze di questo peccato. La 'ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune.

Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. La Chiesa che so tanto impegnata nell'educare le coscienze, deve sempre più spendersi perchè il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo chiedono i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare».

«Quelli che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati». Lo ha detto il Papa nella omelia della messa che celebra nella Piana di Sibari.

Parole per i detenuti e i loro diritti quelle del Papa in visita nel carcere di Castrovillari, in Calabria, dove Francesco ha incontrato anche il padre ed altri familiari di Cocò Campolongo, il bambino di tre anni bruciato e ucciso in un regolamento di conti della 'ndrangheta a Cassano allo Jonio.Durante l'incontro ha detto: «Mai più succeda che un bambino debba avere queste sofferenze».

Le parole per il piccolo Cocò «Prego continuamente per lui, non disperate». È la frase pronunciata dal Papa nel corso dell'incontro avvenuto nel carcere di Castrovillari dove è detenuto Nicola Campolongo, il padre di Cocò che morì insieme al nonno e alla compagna di quest'ultimo. La frase pronunciata dal Papa è stata riferita da mons. Nunzio Galantino al termine della visita di Papa Francesco nel penitenziario. «È stato un momento molto intenso - ha detto -, le donne hanno pianto e c'è stata una commozione generale».

Carceri e diritti «Il tema del rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e l'esigenza di corrispondenti condizioni di espiazione della pena» «è essenziale e l'attenzione in proposito deve rimanere sempre alta», ha anche detto il Papa incontrando i detenuti del carcere di Castrovillari, «primo gesto - ha sottolineato - della mia visita pastorale» in Calabria. Ma ciò «non è sufficiente se non accompagnato da un impegno concreto delle istituzioni in vista di un effettivo reinserimento nella società». Quando la «finalità» del reinserimento dei detenuti, ha aggiunto, «viene trascurata, l'esecuzione della pena degrada a uno strumento di sola punizione e ritorsione sociale, a sua volta dannoso per l'individuo e la società».

Il reinserimento nella società Papa Francesco ha introdotto il tema del reinserimento sociale citando il discorso di Benedetto XVI alla 17esima conferenza dei direttori delle amministrazioni penitenziarie del Consiglio d'Europa del 22 novembre 2012. Ma, ha osservato papa Bergoglio davanti ai 180 uomini e donne detenuti nel carcere di Castrovillari, «il pieno reinserimento della persona non avviene come termine di un percorso solamente umano». «In questo cammino - ha aggiunto - entra anche l'incontro con Dio, la capacità di lasciarci guidare da Dio che ci ama, che è capace di comprenderci e perdonare i nostri errori». «Il Signore - ha sintetizzato il Pontefice - è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale». Il Papa ha concluso augurando che «questo tempo di detenzione non vada perduto, ma possa essere un tempo prezioso, durante il quale chiedere e ottenere da Dio questa grazia», e con un «incoraggiamento a tutti coloro che operano in questa Casa: ai dirigenti, agli agenti di polizia carceraria, a tutto il personale».

«​I miei sbagli» . «Pregate per me perché anch'io faccio i miei sbagli e devo fare penitenza», ha aggiunto il Papa parlando a braccio ai detenuti. Lo ha riferito a Tv2000 il vice direttore della sala stampa vaticana, padre Cito Benedettini, presente alla visita del pontefice nell'istituto penitenziario. Francesco ha salutato una per una le donne detenute che si sono commosse dopo aver stretto la mano del Pontefice. Al termine dell'incontro il Papa, salutandole tutte, ha detto loro «pregate per me» e poi le ha lasciate per proseguire la sua visita nel carcere.

È stato uno dei delitti più atroci mai accaduti in Calabria quello di Cocò Campolongo, il bambino di tre anni ucciso e bruciato insieme al nonno, Giuseppe Iannicelli, ed alla compagna di quest'ultimo, Ibtissam Touss. Il delitto è accaduto il 19 gennaio scorso in una zona periferica di Cassano allo Jonio. Quella di Cocò è stata una vera e propria infanzia violata in una famiglia allo sbando. Assieme alla madre Antonia, che ha altri due figli malgrado abbia appena 24 anni, il bambino ha addirittura avuto modo di conoscere, ancora in fasce, l'esperienza del carcere dopo l'arresto della donna per spaccio di sostanze stupefacenti. In braccio alla mamma il bambino aveva partecipato, lo scorso anno, all'udienza di un processo.

Una scena che fece rabbrividire i presenti e che segnò l'avvio di una campagna di sensibilizzazione conclusasi con la concessione alla donna degli arresti domiciliari. Beneficio che, però, durò ben poco: Antonia, infatti, non rispettò gli obblighi della detenzione domiciliare e venne subito riportata in carcere, dove, sempre per fatti di droga, si trova anche il padre del bambino. Da quel momento ad occuparsi del bambino era stato il nonno, Giuseppe Iannicelli. L'uomo, dopo che la moglie, Maria Rosaria Nucera, era stata arrestata, anche lei per droga, così come era accaduto ad un'altra figlia, Simona, aveva allacciato una relazione con la giovane donna marocchina che ha subito il suo stesso destino e quello del piccolo Cocò.

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