I sogni del Pontefice e la realtà della Chiesa

di Francesco Ruffini
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Domenica 6 Settembre 2015, 23:32 - Ultimo aggiornamento: 7 Settembre, 00:10
Un tempo esistevano i “Dictatus Papae”, le enunciazioni di principio, indiscutibili, che riguardavano quello che il Papa diceva oppure faceva.

Qualcuno, pare lo stesso Gregorio VII, quello della riforma gregoriana, intorno al 1075, li aveva fatti mettere in bella calligrafia e raccogliere in una lista di ventisette proposizioni che vescovi e preti, se volevano evitare guai, per un millennio, imparavano a memoria e tenevano molto da conto. Oggi, forse, bisognerebbe redigere una lista di “Desiderata Papae”, le cose che Papa Francesco spiega con grande chiarezza e avanza come richieste ai vescovi e ai preti di questi nostri tragici anni, prevedendo magari (come al numero 5 dei Dictatus) che “gli assenti” (e i furbacchioni), vengano tranquillamente deposti e rimandati a casa a mani vuote.



In due anni e mezzo di pontificato Papa Francesco ha espresso quotidianamente, nelle sue messe a Santa Marta, la sua chiara e precisa nozione di ortoprassi cattolica: nessuna dogana per il pensiero (è una nota massima di Martin Lutero quando era ancora monaco agostiniano), libera circolazione di anime in ogni spazio ecclesiale, abbattimento delle lobby di potere dentro la Chiesa, modestia e semplicità degli stili di vita, impegno solidale con tutte le confessioni cristiane a favore dei poveri e degli immigrati, riutilizzo sociale dei beni ecclesiastici, libera discussione di base sugli argomenti relativi alla famiglia e alla morale sessuale e, tra tante altre cose, ieri ha aggiunto anche l’accoglienza degli immigrati nelle parrocchie italiane ed europee.



Il cuore di un Papa è sempre animato da una generosità senza confini. Quello di Papa Francesco, poi, sembra che i confini neanche li concepisca né a livello dottrinale né a livello culturale. Però, a ottobre, quando si aprirà il sinodo, colui che parlerà a nome della Chiesa italiana avrà il coraggio di dire che nelle 225 diocesi italiane nessun vescovo (nessuno!) ha avuto il coraggio di aprire un forum di discussione così come raccomandato dal Papa e che le risposte che porterà a nome dei cattolici italiani sono il frutto di qualche studio raffazzonato da un paio di teologi di fiducia del solito capobastone della Conferenza Episcopale Italiana e che ai cattolici del nostro Paese, come ennesima dose di camomilla (se non proprio di oppio), verrà somministrata la solita dose di “sana dottrina” del tutto avulsa dalla realtà e dal sistema di vita che i credenti della Penisola affrontano nella loro quotidianità?



E il rappresentante della Chiesa polacca avrà il coraggio di chiedere scusa al Papa, costretto a prendere carta e penna per bypassare le ostilità che l’episcopato della Patria di Wojtyla (dagli anni Cinquanta, il Paese europeo con il maggior tasso di aborti volontari) stanno manifestando contro il “giubileo della misericordia” e contro le facoltà che Bergoglio, (nella bolla di indizione “Misericordiae vultus”) aveva previsto per i “missionari della misericordia”? Anche un Papa può avere dei sogni. Però, forse, anche lui prima di raccontarli i suoi sogni, dovrebbe dare uno sguardo al suo uditorio.