La conferenza globale di Varsavia sul clima, e la ricerca a Bali di un nuovo accordo globale da parte dell’Organizzazione mondiale del commercio, dimostrano, scrive il porporato che “dobbiamo trovare cammini che conducano a condizioni politiche di base globali, orientate al bene dei popoli, in particolare di quelli più poveri”. La Chiesa nell’epoca della globalizzazione ha un compito speciale e non può sottrarsi. Quindi “può contribuire ad avviare dibattiti sul futuro del mondo e accompagnarli”.
In fondo il dibattito sulla crisi del capitalismo è nato anche grazie alla Chiesa e dopo avere sperimentato uno sviluppo sempre più acuto verso un capitalismo finanziario che ha portato a una crisi catastrofica. “Persino gli economisti hanno deplorato il nuovo capitalismo da casinò”.
Marx chiarisce che è un errore pensare che da qualche parte esistano mercati puri, che fanno emergere il bene attraverso la libera concorrenza. E’mera ideologia. “Il capitalismo non deve diventare il modello della società perché — per dirlo in maniera esasperata — non tiene conto dei singoli destini, dei deboli e dei poveri”. Ma questo non c’entra nulla con il rifiuto dell’economia di mercato, “che è necessaria e sensata, ma che deve servire l’uomo”.
E allora che fare, visto che criticare il capitalismo non è una soluzione? Semmai occorrono programmi che pongano il mercato, la società e lo Stato in un nuovo rapporto reciproco, e tutto ciò globalmente. Cooperazione, solidarietà, responsabilità verso il bene comune. Marx tuttavia rassicura i miliardari: “No, la Chiesa non disprezza i ricchi, come hanno scritto diversi commentatori. Ma ricorda che i beni materiali sono solo mezzi per raggiungere un fine e non possono rappresentare il senso della vita. Una società nella quale si può invitare pubblicamente all’elogio dell’avidità è sulla via dell’alienazione e divide le persone”.
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