Il «burqa di carne»: la chirurgia estetica prigione delle donne

Il «burqa di carne»: la chirurgia estetica prigione delle donne
di Maria Latella
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Martedì 3 Febbraio 2015, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 08:21
Ci avete fatto caso? Di colpo del ruolo delle donne in Italia non sembra più importare niente a nessuno. Nemmeno alle donne, si direbbe, visto il pacioso silenzio con il quale hanno ruminato e digerito la loro irrilevanza nel toto Quirinale. Non sono mai davvero entrate in partita. Quanto al governo, al momento le ministre sono rimaste in sei, essendo migrata a Bruxelles Federica Mogherini e in Calabria Lanzetta. La prima è stata sostituita dal ministro Gentiloni. La seconda, si vedrà.



A qualcuno, invece, interessa ancora indagare su dove stanno andando, cosa pensano, cosa fanno le donne. L'argomento interessa in Vaticano. Al punto da organizzare una seria sessione di studio dedicata alle culture femminili. Al punto da sollevare un tema importante, davvero fondamentale: è vera libertà quella che oggi le donne pensano di avere? Il cardinale Gianfranco Ravasi è andato dritto al punto e nella prima giornata, dedicata al tema dell'uguaglianza e della differenza, ha parlato del “burqa di carne”.



La prigione alla quale donne di ogni latitudine e di ogni età si offrono, lietamente inconsapevoli. «Voglio le labbra di Belen, il seno di Anna Falchi, i glutei di Aida Yespica». E via col bisturi. Poi si sentono libere. Libere da cosa? Da fine intellettuale qual è, monsignor Ravasi non giunge a conclusioni ultimative e coltiva la preziosa compagnia del dubbio. L'argomento è posto in forma di domanda: non sarà che le donne si stanno sottoponendo a un nuovo "giogo culturale", quello "del modello femminile unico", con il cervello che a 18 anni è già direzionato sul modello «delle donne usate nella pubblicità e nella comunicazione di massa?».

Monsignor Ravasi si dice impressionato «dall'altissimo numero di teen ager che chiedono per il compleanno un seno nuovo».



​In verità fa impressione soprattutto la normalità della richiesta, la rassegnata accettazione dei genitori, quando non addirittura l'entusiastica partecipazione di padri e madri all'idea di ritrovarsi con una figlia nuova di zecca, bella come quelle della tv.



Giorni fa, si è letto di un padre finito in tribunale perché avrebbe costretto le figlie a rigide diete. «Siete grasse», era il suo mantra. Lui nega e magari le cose non stanno come le hanno raccontate, ma già il fatto che un giudice debba occuparsi dell'ossessione del nostro tempo - dietro l'adesione al canone unico della bellezza per tutti - dà l'idea di quanto monsignor Ravasi abbia fatto centro col tema scelto nella prima delle giornate del Pontificio Consiglio per la Cultura. Purtroppo, per un monsignor Ravasi che ha il coraggio di parlarne, ci sono decine di falsi o confusi libertari pronti a impugnare «il diritto a cambiare se stessi se è questo che si vuole».



A volte è la risposta di chi difende un business. Più spesso è quella di chi vorrebbe donne condizionate. Il modello unico della bellezza riporta a cuccia e infatti viene ossessivamente scandito negli show televisivi dove una girl vale l'altra, tanto le piallano e le gonfiano in modo che sia impossibile distinguerle. E se provi a dissentire, immediata sarà la replica «in nome della libertà», a maggior gloria «del sentirsi meglio con se stessi» o - ecco l'arma finale dei semplici o dei furbi - col trionfante «che male c'è? La bocca (il seno, il gluteo) sono suoi».



Così infatti ha risposto la brava Nancy Brilli, l'attrice che monsignor Ravasi ha chiamato a testimonial, o esperta, nel convegno. Nancy Brilli, compagna di un chirurgo estetico, ha giustamente difeso il diritto alla chirurgia che qui, sia chiaro, nessuno mette in discussione. L'ha difeso ma, a mio avviso, senza vedere, o senza voler vedere, quel che c'era sotto il velo sollevato da Ravasi. Sotto quel velo ci sono le nuove generazioni di donne (e di uomini) che a 18 anni sognano solo di cambiare labbra per uniformarsi a una (o uno) che a loro volta si sono modificati per essere più telegenici (e infatti quei volti, normali sullo schermo, per strada si rivelano mostruosi).



Sotto il velo sollevato da monsignor Ravasi c'è lo stupore spaventato di un'umanità che sceglie di concentrarsi sul corpo perché non ha più la forza, e la voglia, di guardarsi dentro. No, Nancy Brilli ha equivocato: non era la chirurgia estetica il tema al centro della riflessione della giornata sulle culture femminili. Monsignor Ravasi puntava oltre e più in alto. Davvero le donne si accontenteranno del diritto a labbra siliconate? Nei Paesi dove il burqa di stoffa è obbligatorio, quello di carne è libero. Le donne possono rifarsi naso, occhi, seni. Nessuno proibisce loro “quel” diritto. Ma gli altri no. Quelli devono scordarseli.