Università, ultimi test di ammissione:
dal 2011 solo curriculum e colloqui

I test di ammissione dello scorso anno
di Anna Maria Sersale
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Sabato 14 Agosto 2010, 14:35 - Ultimo aggiornamento: 12 Settembre, 23:21
ROMA (14 agosto) - Mancano pochi giorni all’assalto delle facolt proibite. Neanche il tempo di riprendere fiato dalla maturit, che arriva l’incubo test. Per tutti un muro da scavalcare. Poco pi di 52mila posti, esattamente 52.788, per un esercito di aspiranti. Penna e foglio, di nuovo sui banchi, stavolta a giocarsi il futuro.



Sono cinque le facoltà obbligatoriamente a numero chiuso. Quelle di area medica sono le più ambite: ci sono in palio 8.755 posti per Medicina e chirurgia (quest’anno +9%); 789 per Odontoiatria; 1.006 per Veterinaria. In tutto 10.550 posti per i futuri medici, contesi da almeno 100mila concorrenti. Alla fine solo uno su dieci passerà per la cruna dell’ago. Poi ci sono i 9.265 posti per Architettura, i 4.838 per Scienze della formazione primaria e 28.135 posti riservati alle Professioni sanitarie (la parte del leone la fa Scienze infermieristiche con 16.336 posti). Chi fissa il tetto? Il ministero dell’Università.



Il numero chiuso c’è perché si tratta di specializzazioni (costose) da riservare ai giovani migliori. Ma la selezione funziona? Con il sistema dei test passano davvero i più bravi? In Parlamento si è riaperto il dibattito. «I giovani sono costretti a giocarsi l’accesso agli studi universitari, marcando con la matita delle crocette, come al superenalotto», scrive il senatore Stefano De Lillo, Pdl, in un ordine del giorno del 22 luglio scorso, durante i giorni caldi della riforma. Secondo De Lillo, «i test d’ingresso più che testare le capacità testano fortuna e mero nozionismo, non tenendo conto del voto di maturità, né di valutazioni psico-attitudinali, o della cultura generale come potrebbe pienamente emergere da più prove scritte e orali». Oltre al sistema di selezione, il senatore De Lillo critica il numero chiuso, classificandolo «strumento aprioristico» e «strumento viziato, come dimostrano i continui errori nella stesura dei test, scatenando ricorsi e lunghe battaglie legali». L’ordine del giorno in Senato si è poi concluso chiedendo l’impegno del governo perché promuova «le iniziative per risolvere le incongruenze tra diritto allo studio e test d’ingresso».



«L’idea di rivedere i criteri di selezione è condivisa - ammette Giuseppe Valditara, capogruppo Pdl in Commissione istruzione del Senato - ma il numero chiuso non si tocca, è impossibile eliminarlo. Le prove sono alle porte, mancano poche settimane, ma siamo d’accordo su una revisione che per il 2011 migliori il sistema di selezione».



Andrea Lenzi, il presidente del Consiglio universitario nazionale e presidente dei corsi di laurea in Medicina, lancia una proposta: «Oltre al semplice quiz, che ha un valore oggettivo e che per questo è indispensabile, pensiamo di valutare il curriculum degli ultimi tre anni di liceo, più il voto di maturità “pesato” sulla media dell’istituto, dal momento che ci sono istituti dove è facile prendere dieci e altri dove è difficile prendere sette. Si pensa anche alla possibilità di selezionare aggiungendo ai quiz dei colloqui». Ma anche per Lenzi in numero chiuso non può essere messo in discussione. «Per formare un medico occorrono 11 anni - sottolinea Lenzi - 6 di laurea, 5 di specializzazione, perciò nessuno Stato può permettersi di far entrare tutti, anche perché creeremmo dei medici disoccupati».



Gli studenti vorrebbero tagliare la testa al toro spostando la selezione nel corso del primo anno. «E che diciamo, tu fuori, abbiamo scherzato? Non è davvero una soluzione praticabile», conclude Lenzi.



Per trovare un posto a Medicina c’è chi è disposto a fare le valigie: ci sono ragazzi che emigrano in Albania e Romania. «Dove sono nate delle vere succursali - racconta l’avvocato Michele Bonetti, difensore di centinaia di studenti che hanno fatto ricorso al Tar - Si tratta di gemellaggi con università italiane, con stessi docenti, stessi programmi, e dunque la speranza di riconoscimenti postumi».



Intanto l’Udu, l’Associazione degli studenti universitari, ha già iniziato la campagna contro il numero chiuso, mentre dal Tar del Lazio, a fine luglio, è arrivata una ordinanza di sospensiva che ha ammesso “con riserva” nel corso di laurea in Medicina due ragazzi che avevano fatto ricorso. Così, quasi alla vigilia delle nuove prove, ancora ci sono situazioni aperte dell’anno scorso.



La battaglia degli studenti è anche contro i “divieti” messi spontaneamente dalle singole università. Gli atenei, infatti, possono applicare un filtro all’ingresso anche per “corsi che prevedono tirocini o laboratori ad alta specializzazione, di sistemi tecnologici e informatici”. Così oltre alle lauree dove è previsto per legge, Medicina e chirurgia, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura, Scienze della formazione e Professioni sanitarie, il numero chiuso scatta anche per decine di altri corsi di laurea. Tanto che si contano più di 1.000 corsi con lo sbarramento.



Se per le cinque facoltà dove è obbligatorio il numero chiuso il test è nazionale, in tutti gli altri casi sono i singoli atenei a decidere come e quando fare la selezione. «Con sempre maggiori restrizioni - sostiene ancora l’avvocato Bonetti - Per Ingegneria, ad esempio, molti atenei si mettono d’accordo e scelgono una data unica, così da impedire ai ragazzi di partecipare a più prove». Un fenomeno, questo, che si ricollega al problema finanziario. Gli atenei, ormai obbligati a rispettare parametri di qualità, per numero dei docenti e spazi agli studenti, ma contemporaneamente stretti dalla morsa dei tagli, tendono a mettere nuovi tetti ai corsi di laurea.
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