Scuola, come mettere il professore giusto nell'istituto giusto

Scuola, come mettere il professore giusto nell'istituto giusto
di Michele Pellizzari*
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Venerdì 22 Maggio 2015, 15:46 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 16:51
Articolo da lavoce.info

Critiche alla “buona scuola”



Le modifiche apportate alla figura del preside sono forse l’aspetto della riforma della scuola che sta suscitando le critiche più aspre. In particolare, sembra non piacere la centralità del dirigente scolastico nella selezione dei docenti. Su questo punto importante si mescolano, però, almeno due obiezioni che invece è bene discutere separatamente.



Da un lato, si contesta la scarsa collegialità delle decisioni di reclutamento, che farebbero capo esclusivamente al preside, il quale sarebbe poi a sua volta valutato anche in relazione alla congruità di tali scelte. Mi pare un’osservazione ragionevole sulla quale si può discutere e sulla quale non dovrebbe essere difficile trovare un accordo. In fondo, sono molto rare le organizzazioni, pubbliche o private che siano, nelle quali le assunzioni sono decise da una singola persona. Non mi sembra però davvero una questione sulla quale sollevare il polverone di questi giorni.



La seconda critica è più profonda e, a mio avviso, anche meno giustificabile. La scelta dei docenti da parte dei presidi o delle singole scuole attraverso un organo collegiale ancora da definire, faciliterebbe pratiche nepotistiche e clientelari. È certamente un rischio, ma si tratta di un rischio da valutare in relazione ai vantaggi che un sistema di reclutamento più decentralizzato potrebbe garantire.



Gli insegnanti non sono tutti uguali



Il sistema attualmente in vigore, basato esclusivamente su criteri (presunti) oggettivi, sembra fondarsi sul principio che tutti gli insegnanti abilitati in una classe di concorso siano identici e possano insegnare con successo in qualsiasi scuola. Il mondo reale è invece molto più complesso.



In un precedente articolo su questo stesso tema scrivevo che “lo stesso docente può essere bravissimo in un contesto e fare disastri in un altro: il preparatissimo e severo professore vecchio stampo può fare miracoli nel liceo di una grande città e disastri nell’istituto tecnico di provincia, dove il successo è riuscire a mantenere gli studenti seduti sui banchi”. Conosco esempi di ottime università in giro per il mondo che hanno rinunciato ad assumere superstar accademiche in odor di Nobel solo perché avrebbero messo a rischio il positivo ambiente di lavoro che avevano faticosamente creato nei loro dipartimenti.



Tutte le organizzazioni del mondo, siano esse aziende private a scopo di lucro o organizzazioni umanitarie, spendono una montagna di soldi e di tempo per selezionare i propri collaboratori attraverso accurate analisi dei curricula, test attitudinali e ripetute serie di colloqui. Perché non selezionano semplicemente facendo una graduatoria sulla base di criteri oggettivi (diploma, voto o altro) desumibili dal cv dei candidati? Persone e istituzioni sono caratterizzate da un’infinità di sfaccettature che difficilmente emergono semplicemente dalla lettura di un dossier, è importante parlarsi e capire se sarà possibile lavorare insieme in modo proficuo. A volte si sbaglia, ma è indubbiamente meglio vedersi e parlarsi piuttosto che scegliere solo sulla carta. E nel sistema attuale nemmeno la scelta su carta è fatta dalle singole scuole. Anche in questo senso è utile considerare la scuola come un’azienda senza che alla similitudine sia associata una connotazione negativa.



Gli insegnanti, come tutti i dipendenti pubblici, sono pagati con i soldi dei contribuenti. È giusto quindi che alla loro assunzione sia imposto un grado di trasparenza superiore a quello che si potrebbe liberamente adottare in un’impresa privata. Esiste tuttavia anche nel pubblico un’inevitabile contraddizione tra l’esigenza di trasparenza e la necessità di selezionare la persona giusta per la scuola giusta. Nel sistema attuale, è risolta brutalmente ignorando la necessità di trovare la persona giusta e disegnando un complicato sistema di graduatorie che dovrebbe garantire la totale trasparenza. Sistemi simili sono applicati quasi ovunque nel settore pubblico – non solo in Italia – e sembrano fondarsi sul folle principio che, a parità di punteggio, i candidati siano tutti uguali e possano lavorare ugualmente bene in qualsiasi amministrazione.



Discutiamo senza pregiudizi su come rendere più collegiale la selezione degli insegnanti, ma riconosciamo che la riforma tenta finalmente di riconciliare in modo più ragionevole l’esigenza di trasparenza e la necessità di mettere i professori giusti nelle scuole giuste. E accettiamo che per soddisfare tale esigenza è indispensabile un certo grado di discrezionalità.



Capisco bene la preoccupazione che una maggiore discrezionalità possa anche esprimersi in forme discriminatorie, per esempio contro le donne, magari incinte o già madri di bimbi piccoli. La discriminazione sul mercato del lavoro è, però, un problema molto più generale e deve essere risolta con politiche adeguate per tutte le donne, non solo per le insegnanti.



* Professore di economia all'università di Ginevra dove dirige anche il Laboratoire d'Économie Appliquée

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