Sla, lettera di un malato: «Spesso non basta che se ne parli»

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Domenica 24 Agosto 2014, 10:11
Mi chiamo Pietro Pellillo, sono un grave disabile ammalato affetto da SLA di 69 anni e vivo in questo recondito scenario che la citt di Roma.



Nella mia esperienza personale, tra i miei primi 45 anni di normalità e questi miei ultimi anni di grave disabilità, ho maturato il convincimento che nessuno può togliermi il Diritto di Vivere in quanto il Vivere va al di là del Diritto: è Vivere e non altro. Non sono ancora nella fase avanzata di totale immobilità, ma è certo che la mia compagna "SLA" mi costringe alla necessità di assistenza continua costringendo il mio sventurato corpo a non essere in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. E sì che vestirsi, lavarsi, mangiare, bere, soddisfare le proprie necessità fisiologiche e tanto altro sono atteggiamenti talmente normali da non poter essere concettualmente considerati come atteggiamenti straordinari. Ma tant'è che se io non avessi l’amore, l’attenzione, la vicinanza ed il sostegno di mia moglie, certamente non potrei vantare quella stessa dignità di vita che posso vantare ora e tali atteggiamenti di normalità ordinaria, diverrebbero per me di grottesca straordinarietà. Questa stessa moglie che ora anche lei colpita da una grave malattia mentre deve sostenere pesanti cicli chemioterapici, deve continuare a sostenermi.



La mia vita ha incrociato questa SLA creando una situazione da me non cercata, non voluta, non sperata, mai auspicata. E’ piovuta addosso inaspettata senza criterio e senza regole. Situazione disperante dove più tentavo di scrollarmi di dosso tale relazione e più essa si cuciva sulla mia pelle diventando sempre più essa stessa essenza della mia vita. La sensazione che emanava, invadeva completamente il mio corpo, il mio animo e la mia mente senza una pur qualche minima possibilità da parte mia di oppormi. Pur tentando di rifiutarlo con tutte le mie forze, ho dovuto accettare e soggiacere a questo rapporto, Ed è allora che è iniziata un intensa, profonda, violenta, vitale e definitiva guerra con questa deprecabile e malvagia Amante. La SLA. Ho contratto una unione forzata, non voluta, non richiesta, mai desiderata con una malattia che discrimina o tenta di discriminare fin dentro l’Animo. Ed il bello è che non potrò mai divorziare da essa. Esula completamente dalla mia volontà e dal mio raziocino. Ho un’amante indisponente, supponente, di una malvagità irrespirabile e di cui vorrei liberarmi, ma non posso. Ho il costante terrore nel riflettere la mia immagine che i miei stessi occhi vorrebbero nascondere. E sì che la paura che la luce possa spegnersi, a volte, diventa una realtà liberatoria. Lo scafandro diventa sempre più pesante e la farfalla sempre più esile e flebile.



Forse è possibile che comprendiate che il nostro (di malati SLA) totale terrore, pur se terreno, è appunto che di fronte al capolinea motorio, la mente possa affievolirsi e arrendersi all’insormontabile blocco fisico “perché è troppo doloroso”. E in questa parossistica visione, è grottesco vedere esseri umani che non possono nutrirsi autonomamente costretti spesso allo sciopero della fame per ribadire il proprio diritto alla vita come in un satanico affresco. Che queste persone, noi, signori miei, siamo circondati da un buonismo e da un'ipocrisia profonda, da una normativa che sembra di una specificità e correttezza impareggiabile ma che al momento della sua applicazione diviene uno strumento quasi devastante della nostra dignità di vita. Che queste persone, noi, signori miei, se non avessimo l'affetto, la vicinanza, l'amore dei nostri familiari e di quelli che con abnegazione si impegnano per noi, certo non sarebbe né la società né lo Stato che ci permetterebbero di condurre una vita che possa soltanto definirsi tale. Scusatemi ma mi sento pervaso contemporaneamente da un profondo senso di Rassegnazione e di Rancore. Questa società aperta, munifica, liberaleggiante, ipocritamente solidale, nello stendere la propria cosciente colpa con le sue immense ali sopra i propri figli più vulnerabili, li copre fino a nasconderli, a soffocarli. Che bizzarria!



Con questa campagna viraIe tra docce VIP, sexy, semiserie, ridanciane ed altre devo ammettere di avvertire tanta attenzione verso questa nostra condizione. Ma devo anche ammettere con sconcerto che ciò che muove tutto questo non mi sembra tanto il dispiacere e la solidarietà per noi malati, quanto il desiderio parossistico di mettersi sempre più in evidenza e di primeggiare sul web e sui media per la propria immagine. Capisco che per tutti questi personaggi fare un’offerta in incognito non sarebbe altrettanto appagante, ma tant’è. Comunque grazie di cuore!! Da tutti coloro che hanno la Sla. Anche se questo non mi consola. Spesso non basta che se ne parli.



Pietro Pellillo