Stamina, Corte europea: legittimo lo stop alle cure, nessuna prova dell'efficacia

Davide Vannoni
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Mercoledì 28 Maggio 2014, 23:55 - Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 08:04
Continuano ad essere i giudici, quelli nazionali ma ora anche quelli della Corte Europea dei diritti dell'uomo, i protagonisti di una lunga coda della vicenda Stamina. Questi ultimi hanno stabilito che la decisione delle autorità italiane di rifiutare l'accesso al metodo Stamina a una donna, affetta sin dall'adolescenza da una malattia degenerativa del cervello, non ha leso i suoi diritti.



«A oggi - hanno osservato i giudici - il valore terapeutico del metodo stamina non è stato provato scientificamente» e il decreto del marzo 2013, che regola l'accesso al metodo Stamina e stabilisce che al metodo possono avere accesso solo i pazienti che hanno iniziato la cura prima dell'entrata in vigore della nuova legge, «persegue il giusto obiettivo di proteggere la salute dei cittadini».



Questo proprio mentre il tribunale di Ragusa ha imposto il metodo Stamina nei confronti di una bambina di Modica di due anni e otto mesi, affetta dal morbo di Niemann Pick. Il giudice del lavoro Gaetano Di Martino ha accolto il ricorso dei genitori e dato cinque giorni di tempo agli Spedali Civili di Brescia di trovare un medico che possa applicare alla piccola la cura Vannoni.



Uno «stop and go» parallelo al lavoro parlamentare e a quello del tribunale di Torino sulla posizione dell'ideatore del Metodo, Davide Vannoni. Nel ricorso preso in esame dalla Corte europea e presentato da Nivio Durisotto si sostiene che la decisione presa dal tribunale di Udine di rifiutare alla figlia M.D. l'accesso al metodo stamina ha leso il suo diritto alla vita e quello al rispetto della vita privata. Inoltre, secondo il ricorrente, la sentenza italiana è stata discriminatoria, perchè in altri casi simili a quello di sua figlia i tribunali hanno autorizzato l'uso di questa terapia. Ma i giudici della Corte europea dei diritti umani non hanno sposato la sua tesi e hanno invece stabilito che le autorità italiane non hanno leso alcun diritto della donna. I giudici di Strasburgo ritengono che nel rifiutare l'accesso al metodo stamina il tribunale di Udine abbia «dato ragioni sufficienti» e che la decisione non è stata «arbitraria».



«La sentenza di Strasburgo ci aiuta a fare chiarezza perché finalmente si scinde l'inevitabilità della cura dalla richiesta del paziente. Rimane, inoltre, un precedente importante nella valutazione complessiva dell'operato di alcuni magistrati, che audiremo prossimamente - ha detto il Presidente della Commissione Sanità del Senato Emilia Grazia De Biasi a margine dell'audizione del Comitato Nazionale di Bioetica - Entro due settimane il ministro della Salute Lorenzin sarà di nuovo in audizione e quello sarà il luogo opportuno per chiedere, con forza, di sospendere la somministrazione del metodo Stamina».
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