Migliaia di infettati dalle trasfusioni di sangue: «Ma lo Stato non paga»

Migliaia di infettati dalle trasfusioni di sangue: «Ma lo Stato non paga»
di Giovanni Del Giaccio
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Lunedì 7 Luglio 2014, 00:50 - Ultimo aggiornamento: 8 Luglio, 09:10
C’ chi morto aspettando di avere il risarcimento. Chi attende da anni, invano. Ci sono sentenze passate in giudicato.



Condanne al Ministero della salute affinché risarcisca persone contagiate per trasfusioni di sangue infetto, sistematicamente non rispettate. Una beffa per i cittadini, insomma. Parliamo di migliaia di casi, di risarcimenti che secondo gli studi legali che seguono i pazienti che hanno contratto Epatite c o Aids si aggirano intorno al miliardo di euro. Un credito nei confronti dello Stato che adesso gli avvocati proveranno a cedere a banche straniere o a case farmaceutiche. Si tratta dei crediti relativi a sentenze passate in giudicato, emesse da diversi tribunali nei confronti dell’amministrazione sanitaria. Sentenze che vanno da Milano a Palermo, da Roma a Bologna, da Modena a Vibo Valentia. A coordinare i legali che hanno avviato la trattativa è lo studio Mattarelli-Mezzini di Latina.



«Un primo tavolo riguarda la vendita dei crediti a banche estere che a nostro parere possono svolgere un’azione più incisiva - spiega l’avvocato Renato Mattarelli - Un secondo riguarda le industrie farmaceutiche. Siamo allo stato embrionale della trattativa ma è stato mostrato un certo interesse, riteniamo che questo sia ormai l’unico rimedio nei confronti del Ministero della Salute che deve pagare i cittadini che ha danneggiato con trasfusioni di sangue infetto non controllato».



Della serie che un conto è non pagare il singolo paziente che deve avere una somma che normalmente si aggira tra i 100 e i 500.000 euro - per la quale spesso sono vani anche i tentativi di pignoramento - un altro è doversela vedere con grandi gruppi che hanno acquistato tutti i crediti dei singoli da risarcire



LA STORIA

I controlli sul sangue rispetto alla qualità e alla provenienza sono iniziati nei primi anni ’90, con l’esplosione del problema dell’Aids ma anche con la consapevolezza della portata sociale di una malattia come l’epatite C. Molti pazienti che poi si sono visti riconoscere il risarcimento sono stati trasfusi prima, quindi per loro è stato utilizzato sangue infetto. Quando se ne sono accorti - spesso anche decenni dopo interventi chirurgici o trasfusioni a seguito di incidenti stradali - hanno avviato le pratiche risarcitorie. Oltre ad avere il diritto previsto dalla legge 210 del ’92 («Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni») vengono, infatti, riconosciuti i danni alla persona. Le cosiddette patologie iatrogene, correlate allo stato di malattia irreversibile, che vanno dalla depressione alla disfunzione erettile, senza contare le difficoltà nei legami familiari e il timore di mettere al mondo figli.



IL PRECEDENTE

La trattativa per la cessione è una novità assoluta.

Nel 2007, quando il problema si era già presentato a causa dei ritardi nei risarcimenti, c’era stato un tentativo di natura diversa: una transazione con i creditori - i legali che curarono la vicenda erano coordinati da Tina Lagostena Bassi - lo Stato come garante, le banche che avrebbero anticipato i soldi. Non se ne fece nulla. Il problema è rimasto irrisolto, anzi i debiti del Ministero si sono accumulati e gli interessi continuano a correre. «Quella che proponiamo è una soluzione estrema per migliaia di cittadini danneggiati due e anche tre volte dallo Stato - aggiunge Mattarelli – la prima per essersi rivolti con fiducia a ospedali che non hanno controllato la provenienza né la qualità del sangue da trasfondere con conseguenti danni da contagio epatico e da Hiv. La seconda poiché dopo aver ottenuto una sentenza favorevole, a seguito di lunghi e complessi processi, non si vedono pagare quello che gli è stato riconosciuto dai tribunali. La terza è relativa ai tanti, ormai troppi, che muoiono prima di ricevere il risarcimento».



Mettere tutto in mano a colossi bancari o farmaceutici sembra una provocazione, se non una sorta di “ricatto” verso chi non paga. «Me ne rendo conto - conclude l’avvocato - ma tra un’azione del genere e far ottenere i risarcimenti a tanti che sono in condizioni disperate, preferisco vedere soddisfatti i diritti dei cittadini, magari prima che muoiano per quelle infezioni».
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