IL VIRUS IN CONGO
Intanto da Medici senza frontiere scatta l’allerta per il Congo, quinto Paese colpito da Ebola. «Serve che altre organizzazioni si facciano avanti e uniscano le forze per supportare il ministero della Salute: noi non riusciremo a farlo da soli» afferma Jeroen Beijnberger, coordinatore medico di Msf nell’ex Zaire. L’organizzazione sta inviando medici, infermieri, esperti di logistica e di igiene nell’epicentro dell’epidemia: «Abbiamo ricevuto la conferma che quattro dei campioni di sangue prelevati dalle nostre èquipe la settimana scorsa sono risultati positivi - annuncia Beijnberger - e stiamo agendo rapidamente per isolare i pazienti sospetti e confermati e tracciare i loro contatti». Msf sta realizzando, in collaborazione con il ministero della Salute del Congo, un centro a Lokolia, l’area più colpita da Ebola nel distretto sanitario di Boende. «In questo momento il nostro obiettivo principale è contenere la diffusione della malattia e proteggere altre persone dal contagio». La Liberia, nel frattempo, passa alle misure forti. La presidente Ellen Johnson Sirleaf ha disposto che tutti i membri del governo attualmente all’estero rientrino nel Paese «entro una settimana» per combattere Ebola. Coloro che non eseguiranno l’ordine perderanno la poltrona nell’esecutivo.
ITALIANI A RISCHIO
E chi invece deve lavorare nelle zone in cui il virus imperversa? «Ci sono diverse imprese italiane, nei settori della forestazione e del commercio, che operano nei Paesi coinvolti dal focolaio. Noi stiamo dicendo loro di continuare a lavorare seguendo le prescrizioni fissate dall’Oms, senza entrare nel panico. Certo se nei prossimi giorni la situazione si aggraverà le indicazioni cambieranno», afferma il presidente della camera di commercio ItalAfrica Centrale, Alfredo Cestari. Nervi saldi dunque, ma attenzione ai massimi livelli. Come spiega Antonio Vigilante, vice rappresentante del segretario generale delle Nazioni Unite in Liberia, 1.500 casi accertati «non danno un’immagine veritiera dell’epidemia, le persone entrate in contatto con i malati sono molto più di quelle segnalate». Insomma, «l’epidemia è grave, non c’è un’inversione di tendenza e ci vorranno mesi per contenerla».
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