Ebola, l'allarme: si può trasmettere il contagio prima che compaiano i sintomi

Ebola, l'allarme: si può trasmettere il contagio prima che compaiano i sintomi
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Sabato 11 Ottobre 2014, 15:18 - Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 17:28
Il sangue e gli organi di un paziente infetto possono trasmettere il virus Ebola sin dall'inizio della malattia, prima della comparsa dei sintomi. È quanto sottolinea il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc) agli stati membri Ue. Un paziente si considera infettivo dopo la comparsa dei sintomi e una incubazione valutata in 21 giorni.



Il documento dell'Ecdc (il centro europeo per il controllo delle malattie), ha spiegato il direttore del centro Nazionale Trapianti Nanni Costa, evidenzia come Ebola sia un problema di sanità pubblica ma avverte anche che «un rischio contagio attraverso gli organi ed il sangue non è escluso». Per questo, ha rilevato Costa, «l'Ecdc evidenzia la necessità di prendere precauzioni nei settori trapianti e sangue». Questo perchè, ha chiarito, «la trasmissione del virus attraverso un eventuale organo trapiantato è più diretta e immediata rispetto alla trasmissione del virus attraverso i fluidi corporei».




Falso allarme a Piacenza. Si è rivelato fortunatamente quasi fin da subito falso l'allarme per un caso sospetto di Ebola a Piacenza. È accaduto nella serata di venerdì 10 ottobre. La protagonista è una donna straniera che è stata soccorsa in via Colombo. Trasportata in ospedale con tutte le precauzione necessarie, i medici hanno escluso il contagio con la malattia che causa la febbre emorragica.



L'ambulanza del 118 di Piacenza è stata attivata tramite la centrale operativa che gestisce le richieste di soccorso. La segnalazione, in questo caso specifico, aveva effettivamente alcuni dei criteri sanitari di inclusione nel protocollo sanitario di rischio per il virus dell'Ebola: riferiva febbre molto alta, dolori addominali e - soprattutto - negli ultimi 21 giorni era stata in Nigeria, uno dei Paesi considerati ancora inclusi in quelli a rischio. Rispettando alla lettera ogni passo della procedura di sicurezza, i sanitari del 118 sono giunti con un'ambulanza specifica, dopodichè hanno avvicinato il paziente indossando i dispositivi di protezione individuale: tuta, guanti, maschere e calzari. La donna è stata poi trasportata direttamente nel reparto di Malattie infettive dell'ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza dove i medici hanno potuto escludere il contagio: pare infatti che mancasse la febbre nella donna, ovvero uno dei caratteri distintivi di questa patologia.




L'infermiera ausiliaria spagnola che lotta contro l'Ebola in un ospedale di Madrid sta meglio e ha ricominciato a parlare: è quanto si apprende oggi da

fonti dell'ospedale. Teresa Romero «sta meglio di ieri. Le sue condizioni sono migliorate durante la notte. È cosciente e parla a volte, quando è di buon umore», ha detto la fonte che ha voluto mantenere l'anonimato. L'infermiera, che è ricoverata da lunedì, ha contratto il virus da un missionario rimpatriato dall'Africa e morto alla fine di settembre.



Test negativo per il primo caso sospetto in Brasile. Il primo test effettuato su Souleyman Bah -il cittadino guineano sospettato di essere il primo caso di ebola registrato in Brasile- è risultato negativo, e il paziente «sta bene», senza febbre nè altri sintomi della malattia. Lo scrive il ministero brasiliano della Sanità, in un comunicato diffuso oggi.




Italia. «Il ministro Lorenzin ha una grandissima attenzione e ha un punto di coordinamento al ministero che tiene sempre altissima la vigilanza questo fenomeno». Lo ha detto a Bari il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, parlando del rischio contagio Ebola in Italia, a margine di un incontro sulla sicurezza in prefettura. «È evidente - ha aggiunto - che ciò che si dice su questo fenomeno di altri Paesi, dagli Usa alla Spagna, cioè che questa sia una minaccia, è quanto di più vero si possa dire. Al tempo stesso il nostro Paese è attentissimo dal punto di vista della prevenzione. Dunque non c'è un attimo di distrazione». «Il ministro Lorenzin, come si suol dire - ha concluso - è assolutamente sul pezzo».



All'aeroporto di Roma Fiumicino, come pure negli altri scali italiani, non atterrano voli provenienti dai Paesi africani colpiti dall'epidemia di Ebola. Ma è comunque stato predisposto «un piano ad hoc che prevede l'utilizzo di ambulanze ad alto bio-contenimento fornite in caso di bisogno dalla Croce Rossa, che abbiamo già utilizzato una volta per il sospetto caso di infezione nei giorni scorsi, e l'impiego di tute di sicurezza di classe 3. Speriamo di non doverle mai utilizzare, ma in caso di rischio è tutto pronto». A dirlo è Vitaliano Turrà, direttore Enac dell'aeroporto di Fiumicino. Negli aeroporti americani e a breve anche britannici sono al via i controlli della temperatura corporea dei passeggeri provenienti da Liberia, Guinea e Sierra Leone, mentre in Italia «per ora il ministero della Salute non ha ritenuto necessario questo provvedimento. Se lo dovesse prevedere saremo comunque pronti a utilizzare i termometri ad hoc». Nello scalo romano nessuna preoccupazione fra i circa 40.000 dipendenti, assicura Turrà, anche perché «ormai c'è conoscenza del virus. Abbiamo apposto dei cartelli, rivolti soprattutto ai passeggeri che si recano nelle aree a rischio, in cui si spiega nel dettaglio cosa fare per evitare l'infezione e in caso di sintomi. Al momento c'è serenità».



Scienziati: non etico test vaccino con placebo. Se i test di sicurezza sui vaccini contro Ebola saranno positivi è eticamente inaccettabile procedere in maniera ''classica'', con un trial clinico su un campione di soggetti a rischio a metà dei quali però viene dato un placebo, perchè non si può non dare un trattamento potenzialmente salvavita a persone esposte. Lo affermano in una lettera alla rivista Lancet 17 ricercatori di tutto il mondo tra cui anche Peter Piot, uno degli scopritori del virus, intervenendo in un dibattito già molto acceso nella comunità scientifica. La questione, che vale per tutte le terapie di cui si sta accelerando lo sviluppo, è tutt'altro che ''filosofica''.



L'Oms sta infatti mettendo a punto i protocolli per le sperimentazioni, e secondo la road map stilata dagli oltre 100 esperti interpellati i test dovrebbero cominciare già all'inizio del prossimo anno. «Normalmente siamo a favore dei test randomizzati, in cui metà dei soggetti riceve un placebo, quando sono pratici e eticamente accettabili, ma non è questo il caso con una malattia dalla mortalità così alta e per cui non esiste nessuna terapia - scrivono gli autori della lettera -. Nessuno ha chiesto test randomizzati quando malati occidentali sono stati trattati con farmaci sperimentali, e non dovrebbero essere accettati ora». Secondo Piot e gli altri esperti è possibile procedere come si fa ad esempio per tumori molto aggressivi, dando a tutti il trattamento e verificando come varia il tasso di mortalità. Non tutti sono però d'accordo. «Questo metodo richiede più tempo - ha affermato ad esempio Ripley Ballou, che coordina i test del vaccino sviluppato dall'azienda Gsk, durante l'ultima riunione all'Oms, nella quale invece gli esperti di Medici Senza Frontiere hanno chiesto test a tappeto - e rende molto più difficile eliminare fattori di disturbo».



D'accordo anche Stephen Joffe dell'università della Pennsylvania, che ha pubblicato fa una lettera su un'altra rivista, Jama, supportando i test tradizionali.
Mentre gli esperti discutono proseguono invece i test di sicurezza del vaccino Gsk, prodotto da un'azienda italiana. Oltre a scienziati in Usa e Gran Bretagna anche nella capitale del Mali Bamako alcuni volontari hanno ricevuto il vaccino per verificare se ci sono effetti collaterali gravi e se c'è la risposta immunitaria vista negli animali.
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