Effetto spread, aumento Iva verso stop. Renzi: «Ora non è più una minaccia»

Effetto spread, aumento Iva verso stop. Renzi: «Ora non è più una minaccia»
di Marco Conti
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Domenica 8 Marzo 2015, 06:13 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 07:29

ROMA - Investimenti pubblici o sgravi fiscali? Tagli delle aliquote o infrastrutture?

Il vorticoso calo dello spread, fermatosi sotto quota 90, consegna a palazzo Chigi un tesoretto di sei miliardi di euro. Una mole di denaro solo in parte inaspettata e, per dirla con Matteo Renzi, «merito della Bce ma anche del semestre di presidenza italiana che ha spinto su crescita e flessibilità». «Avevamo promesso alle elezioni europee: cambieremo verso all'Europa. E questi segnali stanno arrivando, perché lo spread non è più una minaccia, una parolaccia».

CONSOLIDARE

Paternità a parte, si è già aperto il dibattito su come e a chi destinare un tesoretto che potrebbe anche aumentare se, oltre al calo dello spread, dovesse innestarsi un minimo di ripresa.

Le opzioni in campo sono molte e c'è chi ricorda anche la promessa fatta dal presidente del Consiglio di allargare la platea dei fruitori degli ottanta euro.

Resta il fatto che al Mef ricordano che prima di spendere ci sono un paio di ”cosucce” da sistemare. La prima riguarda l'effettiva disponibilità della somma che potrà dirsi consolidata solo a fine anno nella legge di stabilità. La seconda questione, ancora più spinosa, concerne le clausole di salvaguardia. Ovvero quelle ”opzioni” messe nero su bianco nella precedente legge di stabilità che servono a coprire possibili deficit. Su tutti l'aumento dell'Iva che dovrebbe scattare dal prossimo anno per coprire un buco da 13 miliardi nel 2016 e 21 nel 2018. Prima di pensare a come spendere possibili tesoretti, occorre quindi scongiurare nuovi aumenti fiscali che avrebbero sulla crescita un effetto depressivo che solo per l'Iva viene calcolato dello 0,7 sul Pil.

Per avere le idee un po' più chiare occorrerà quindi attendere ancora qualche mese per vedere se lo spread resterà sotto quota cento in maniera stabile e se il segno più sulla crescita permetterà di ampliare la quota di risparmio disponibile. Renzi è convinto che la maggior parte delle riforme avviate, jobs in testa, devono ancora dispiegare gli effetti positivi e che quindi solo nei prossimi mesi si potranno cominciare a raccogliere i primi frutti in termini di maggiore gettito e di crescita dell'occupazione e del pil. Domani all'assemblea del Pd convocata da Renzi si discuterà anche di fisco. La delega fiscale, che sarebbe dovuta scadere a fine mese, ha ottenuto una proroga di sei. Quindi, per fine settembre, i decreti attuativi dovrebbero venire alla luce e prevedere una risistemazione della giungla delle agevolazioni fiscali. Tra detrazioni e deduzioni se ne contano oltre settecento per un valore di 250 miliardi. Cifra record la cui ridefinizione, dalla quale palazzo Chigi potrebbe ricavare nuovo gettito, verrà rimandata alla legge di stabilità. Avvicinare la definizione della delega fiscale alla legge di stabilità serve al governo per quadrare le coperture ed evitare possibili eccezioni da parte di Bruxelles.

CLIMA

Ieri sera Renzi, intervistato dal Tg1, ha giustificato il rinvio sostenendo che «sul fisco non dobbiamo fare pasticci, chi ci ha preceduto ne ha combinati», invece noi «dobbiamo fare un fisco semplice: da un lato stangare quelli che non pagano le tasse, ma non creare un clima di oppressione. La prima bozza andava bene a Equitalia, meno all'Italia. Serve una riforma che semplifichi il sistema italiano». Comunque, sostiene, «ci siamo quasi, si tratta di settimane». Una ventina, appunto, e poi sapremo se oltre ad avere un fisco semplice, pagheremo un po' di meno.