Ostruzionismo sul nuovo Senato, Boschi contestata sfida i grillini

Ostruzionismo sul nuovo Senato, Boschi contestata sfida i grillini
di Sonia Oranges
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Martedì 22 Luglio 2014, 00:27 - Ultimo aggiornamento: 13:41
ROMA - Parte in salita l’esame del ddl di riforma costituzionale nell’aula del Senato: se è slittato l’avvio del voto degli emendamenti, già sono cominciate le proteste. A far scattare la contestazione, ieri mattina, una frase pronunciata dalla ministra Maria Elena Boschi, durante la replica al termine della discussione generale: «Ho sentito parlare di svolta autoritaria. Questa è una allucinazione». Parole che hanno fatto scattare i grillini. Applausi ironici, grida, cori hanno interrotto la rappresentante del governo, che ha risposto, citando Amintore Fanfani: «Le bugie in politica non servono. Si può essere d’accordo o meno su questa riforma, votare o meno questa riforma, condividere o meno l’azione del governo, ma parlare di svolta illiberale è una bugia; e le bugie in politica non servono». L’esecutivo, dunque, non intende cedere terreno all’ostruzionismo che rischia di far slittare sine die l’approvazione del testo: «Ci potrà essere un tentativo di rallentare questo cambiamento, che ci può portare a lavorare una settimana di più e sacrificare un po’ di ferie ma manterremo la promessa», ha assicurato la ministra, auspicando «un accordo alto nell’interesse del Paese e dei cittadini, perché le riforme costituzionali sono la premessa per le altre riforme che stiamo affrontando». E alle quali è legato «in modo indissolubile» il cammino del governo. L’accordo “alto”, però, ieri in aula pareva lontano e gravato dai quasi ottomila emendamenti, presentati in larga maggioranza da Sel, su cui è appena cominciata la discussione.



GLI SCOGLI

La scena, dunque, è delle opposizioni e dell’ostruzionismo cominciato già in avvio di seduta, quando il M5S ha contestato il presidente Pietro Grasso. «Continueremo, in questi giorni, a mettere sui binari del treno delle riforme un sasso, due sassi, centomila sassi», ha poi dichiarato il capogruppo pentastellato Vito Petrocelli, replicando a distanza al presidente del Consiglio Matteo Renzi e confermando l’intenzione di dare battaglia. Come la Lega pronta a votare contro e che, per bocca dello stesso relatore Roberto Calderoli, ha sollecitato che il percorso per migliorare il testo prosegua in aula, casomai attraverso la riduzione degli emendamenti, avendo individuato «10-15 punti su cui continuare la riflessione con la senatrice Finocchiaro». E proprio la democratica Anna Finocchiaro, relatrice del testo con Calderoli, ricordando che «ci confrontiamo sul frutto del lavoro del Parlamento, in cui molte indicazioni sono state recepite dai relatori», ha pure confermato che «alcuni punti meritano un approfondimento: gli istituti di democrazia diretta, il ruolo del Senato nel rapporto con la legislazione europea; il bilancio e le nomine a cominciare da quella del presidente della Repubblica».



I LAVORI

Nel frattempo, l’unica votazione svolta dall’assembea ieri è stata quella che ha bocciato la richiesta di Sel e M5S di interrompere l’esame dell’aula per riportare il testo in commissione. I grillini in chiusura di seduta hanno chiesto la sospensione dei lavori in modo da avere una informativa del ministro Mogherini sulla situazione a Gaza. Ed è scoppiata la bagarre.

E’ partita, invece, l’illustrazione degli emendamenti, quasi tutti (almeno secondo Calderoli), probabilmente ammissibili. Sarà Grasso a dichiarare quali hanno le carte in regola ma basti pensare che solamente il fascicolo relativo all’articolo 1 del testo conta 842 emendamenti. La capogruppo di Sel, Loredana De Petris, si è già detta indisponibile a ritirare la valanga di emendamenti, non senza «la riduzione dei parlamentari e l’elezione diretta del Senato», pur plaudendo all’«apertura sui referendum». Al pari, Vincenzo D’Anna, il vecepresidente del Gal ha annunciato interventi su gran parte degli emendamenti per «sbarrare la strada ad una riforma liberticida». Dal canto suo, Forza Italia ha confermato che non farà mancare il suo appoggio alla riforma: il capogruppo Paolo Romani si è detto disponibile «a eventuali migliorie» proposte da Finocchiaro, ma non all’allargamento della platea per eleggere il Capo dello Stato.
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