Scuola, l'intervista al ministro Giannini:
«I prof non boicotteranno la riforma»

Scuola, l'intervista al ministro Giannini: «I prof non boicotteranno la riforma»
di Pietro Piovani
4 Minuti di Lettura
Giovedì 16 Luglio 2015, 08:32 - Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 18:32

Nel giorno in cui la riforma della scuola viene pubblicata sulla Gazzetta ufficiale e dunque entra ufficialmente in vigore, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini - ospite di Il Messaggero Tv - si prende la responsabilità di rassicurare studenti e genitori: a settembre l’anno scolastico partirà senza particolari complicazioni, sarà tutto regolare come ogni anno, anzi speriamo un po’ meglio degli altri anni.

In effetti finora le aperture degli anni scolastici non sono mai state una passeggiata, se non altro per la solita affannosa caccia alla supplenza.

«La riforma prevede la fine di quella instabilità: le scuole che il primo settembre devono mettersi a chiamare i potenziali supplenti, i precari che restano in attesa di una telefonata... tutte cose che ora vengono superate. È una riforma pensata per portare ordine e stabilità, sarebbe molto strano se invece generasse caos».

Vuol dire che, se succedesse, sarebbe per volontà di chi la riforma deve applicarla, cioè degli insegnanti.

«Io sono convinta che quest’anno la macchina funzionerà meglio di prima. Le condizioni ci sono tutte. C’è un impegno della macchina straordinario.

La riforma è un patrimonio di opportunità che viene dato alla scuola. Poi, certo, se questo patrimonio venisse messo nel cestino, se si incrociassero le braccia e si dicesse “noi non facciamo lezione”, oppure “noi non attiviamo gli stage che la legge prevede e che la legge paga”, o ancora “noi non accogliamo le nuove strutture per i laboratori”, allora forse ci sarebbe da farsi qualche domanda...»

Teme il boicottaggio dei professori?

«Non mi pare che ce ne siano le premesse. Girando l'Italia, ho sentito molte critiche ma anche pareri positivi, come sempre in questi casi la protesta è organizzata e molto rumorosa, mentre il consenso è individuale e silenzioso. Quando si passerà dalla carta di un testo pubblicato in Gazzetta ufficiale alla concretezza delle azioni che questa legge consente, sono convinta che il mondo della scuola reagirà positivamente».

La riforma prevede contemporaneamente una riduzione del numero di alunni per insegnante e un aumento delle ore di apertura delle scuole. Come si fa?

«Aumentando il numero degli insegnanti. Oggi in Italia abbiamo circa 650mila insegnanti di ruolo, e il rapporto insegnanti per alunni è già abbastanza buono. Questa potente squadra di docenti verrà potenziata del 10 percento. Vuol dire che ogni istituto scolastico avrà in media tra sei e otto insegnanti in più. Così potremo avere classi più piccole, con un numero di alunni adeguato. E così ogni scuola potrà decidere se e come ampliare i tempi di apertura».

«Potrà», quindi qualche scuola lo farà e qualcun’altra no.

«Questo è il principio dell’autonomia, che aveva ispirato tredici anni fa la riforma Berlinguer e che non è mai stato attuato perché mancavano gli strumenti concreti, mancavano le risorse. A una scuola può interessare di restare aperta anche oltre il mese di giugno, perché in quel territorio magari è importante evitare che i ragazzi si trovino in mezzo alla strada; invece in un altro quartiere magari alle famiglie l’apertura estiva non serve, perché sanno dove tenere i ragazzi d’estate, e allora possono decidere di potenziare l’orario d’apertura d’inverno».

A proposito di soldi: da sempre i genitori sono costrette a pagare una tassa in più, quella per l’acquisto di carta igienica e pennarelli.

«Non succederà più. Il fondo di funzionamento ordinario, quello che serve a questi acquisti, è stato più che raddoppiato: era di 80, lo abbiamo portato a 120 milioni lo scorso anno e adesso arriverà a 235 milioni».

Sempre a proposito di soldi: dopo la riforma gli insegnanti continueranno a guadagnare poco.

«Ne siamo consapevoli, purtroppo. È un problema che in verità riguarda tutti i dipendenti pubblici, i contratti sono fermi da anni. I tempi sono avari, ma bisognerà aprire una riflessione per l’intero pubblico impiego. Noi però qualcosa abbiamo fatto: da settembre tutti gli insegnanti riceveranno 45 euro netti in più, che equivalgono a una contrattazione sindacale ben riuscita».

Allude alla carta per gli acquisti culturali.

«Sì, 500 euro l’anno che vanno direttamente nelle tasche degli insegnanti per quello che chiamiamo il “processo autonomo di formazione”. Un insegnante avrà il diritto, e il dovere, di comprare un libro in più, uno spettacolo teatrale, un’opera lirica o quello che ritiene sia per lui la migliore forma di aggiornamento culturale. A questo poi si aggiungono i 200 milioni che verranno distribuiti a quella fascia di insegnanti premiati da una valutazione positiva».

In una riforma che ha l’ambizione di cambiare radicalmente la scuola italiana, viene eluso un tema fondamentale e obbligatorio di cui si discute da anni: l’Italia deve ancora adeguarsi agli standard europei che prevedono la maturità a 18 anni, con un anno di scuola da sottrarre (probabilmente) al ciclo delle primarie o alla scuola dell’infanzia.

«Lo abbiamo rinviato, volutamente. Questa riforma è solo il primo passo, abbiamo creato una piattaforma di risorse che ci consentirà di capire come intervenire, e quanto deve durare il ciclo complessivo della scuola dell’obbligo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA