Il ruolo dei cittadini/ Per bonificare la Capitale i commissari non bastano

di Giovanni Sabbatucci
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Sabato 21 Novembre 2015, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 00:44
È passato poco meno di un anno dai primi clamorosi arresti legati a Mafia Capitale. E si sta per aprire a Roma, nell’aula-bunker di Rebibbia, il processo con rito immediato che vede imputati molti fra i principali personaggi coinvolti in quell’inchiesta. È di per sé una buona notizia: perché il pubblico dibattimento - cui si è arrivati con relativa rapidità rispetto ai tempi usuali della nostra giustizia - potrà illuminare ulteriormente quelle estese zone d’ombra che le indagini avevano già portato allo scoperto, quella realtà opaca che molti conoscevano o intuivano ma pochi avevano il coraggio di denunciare.



E forse aiuterà a suscitare in tutto il Paese una riflessione critica che vada al di là delle deprecazioni generiche fondate su antiche e collaudate retoriche letterarie “antiromane” (la città su cui immancabilmente piove fango, la capitale immorale, per sua natura corrotta e parassitaria). È anche un bene che l’inizio del processo coincida con l’insediamento al Comune di Roma di un commissario, il prefetto Francesco Paolo Tronca, ben accolto, a quanto sembra, dalle principali forze politiche e benedetto, il giorno stesso del suo arrivo nella Capitale, addirittura dal Papa.



Una pura coincidenza (nessuno poteva prevedere tempi e modalità della rocambolesca caduta del sindaco Marino), che può servire però a marcare una svolta, a creare il clima adatto a un nuovo inizio.



Soprattutto in tema di rapporti fra gli amministratori e gli amministrati, fra i cittadini e la città in cui vivono. L’occasione è dunque importante e non bisogna lasciarsela sfuggire. Ma non illudiamoci che una catarsi giudiziaria, per quanto grande sia la sua risonanza mediatica, per quanto noti e numerosi siano i personaggi colpiti, basti da sola a provocare rivolgimenti profondi e duraturi (lo abbiamo visto con “Mani pulite”). E non pensiamo che la gestione commissariale, per sua natura straordinaria, possa sciogliere i nodi di fondo grazie alla temporanea sostituzione dei vertici politici - espressi, direttamente o indirettamente, da elezioni democratiche - con una squadra di tecnici sia pur prestigiosa. Per arrivare a risultati importanti nel tempo che le sarà concesso, la squadra non potrà accontentarsi di qualche potatura ai vertici della macchina amministrativa capitolina.



Dovrà operare in profondità sui modi di funzionamento di quella macchina pletorica e inefficiente entro la quale, e non da oggi, si annidano e si incistano i privilegi corporativi, gli assenteismi sistematici, le piccole corruzioni quotidiane: insomma le cattive pratiche contro cui i cittadini romani ogni giorno si scontrano e che fatalmente si intrecciano con la grande corruzione e, per successivi passaggi, con la stessa malavita propriamente detta.



Quanto questo intreccio sia stretto - e quanto sia corretta l’urtante ma efficace sintesi mediatico-giudiziaria che parla di Mafia Capitale – ce lo dirà, si spera, il processo. Ma intanto occorre che cittadini e forze politiche, anziché limitarsi a delegare a magistrati e commissari la necessaria opera di bonifica, si attrezzino per parteciparvi. I partiti riattivando i canali di comunicazione con la loro base, oggi assente e disillusa. I cittadini distanziandosi dal cliché del romano scettico e fatalista, sempre pronto al lamento e alla vuota invettiva; e ricordando che sono a volte i loro stessi comportamenti quotidiani a compromettere la qualità della loro vita.



È inutile lamentarsi del caos del traffico a Roma se si parcheggiano le auto in seconda fila. È inutile deplorare l’inefficienza della raccolta rifiuti se si usano strade e giardini pubblici come pattumiere a cielo aperto. Sarà banale ripeterlo, ma se non si parte dalle minute e basilari regole di convivenza, non ci saranno lavacri, non ci saranno demiurghi capaci di restituire a Roma identità e orgoglio di Capitale. Anche il successo di un evento straordinario come l’imminente giubileo va auspicato come primo effetto, più che come causa occasionale, di un rinascimento cittadino che ci si augura non effimero.