Riforme, il primo round è per Renzi: siglata la tregua con Grasso

Riforme, il primo round è per Renzi: siglata la tregua con Grasso
di Marco Conti
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Giovedì 1 Ottobre 2015, 06:01 - Ultimo aggiornamento: 11:44
A destra Matteo Renzi, a sinistra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In mezzo il presidente del Senato Pietro Grasso che deve anche ”guardarsi” le spalle dal sottosegretario Claudio De Vincenti. Ai funerali di Pietro Ingrao il dialogo tra i tre seduti in prima fila, è d'obbligo anche se solo Renzi e Grasso si proteggono dal labiale mettendo la mano davanti la bocca.

BATTAGLIE

I due parlano per qualche minuto interrotti solo dall'arrivo di Anna Finocchiaro che stringe la mano a capo dello Stato e presidente del Senato e bacia il presidente del Consiglio che si alza dalla sedia. Lo sperticarsi del premier per la presidente della Prima commissione di palazzo Madama, è misto a riconoscenza per le battaglie ingaggiate sulla riforma costituzionale: con le opposizioni e con lo stesso Grasso. Dietro il presidente del Senato si scorge Elisabetta Serafin, la elegantissima segretaria generale del Senato a suo tempo entrata nel mirino dei senatori renziani non solo per il super-stipendio, ma per qualche sostegno tecnico «di troppo» che avrebbero dato i suoi uffici ai nemici della riforma che cancella il bicameralismo.



Il ”quadretto” che si staglia davanti al portone di Montecitorio, poco prima delle esequie funebri dell'ex presidente della Camera «che voleva la luna», dà il senso del faticoso percorso che da ieri pomeriggio si è avviato a palazzo Madama tra urla e grida. Un aggrovigliarsi di dichiarazioni, tentativi di rallentamento e bluff.



Dopo settimane di passione, di milioni di emendamenti e di dibattiti poco comprensibili ai più, ieri al Senato si respirava un'aria di ineluttabilità. Come se i 315 senatori non aspettassero altro che porre una fine alle ”sofferenze” e alla battaglia che Renzi continua a dare per vinta anche prima del fischio finale. Se si esclude la scaramanzia non resta che rassegnarsi alla versione di chi, tra i renziani, considera chiusa anche la querelle con il presidente Grasso. «Tutto merito di Maria Elena!», sostiene un senatore che non lesina complimenti al ministro Boschi.

PARTE



Sarebbe toccato proprio a lei, alla ministra più ”paparazzata” della storia Repubblicana, rassicurare il presidente del Senato sulle intenzioni renziane. Bellicosissime. Almeno sino a qualche giorno fa, quando durante la direzione del Pd, Renzi disse che se il presidente del Senato avesse «stravolto» i regolamenti aprendo a modifiche su parti già votate, avrebbe immediatamente convocato una riunione di Camera e Senato.



Raccontano che Grasso non ha fatto un sospiro di sollievo nemmeno quando il premier ha precisato che si riferiva «ai gruppi del Pd, non certo al Parlamento».



L'ambasciatrice Boschi, dopo quel lunedì di fuoco della scorsa settimana, entra in pista con una certa decisione e, forte anche del sostegno del Quirinale, convince Grasso a trovare insieme un via d'uscita anche perché il Pd ha raggiunto al suo interno una sia pur fragile tregua. Ieri mattina, sul piazzale di Montecitorio, la cerimonia in onore di Ingrao diventa quindi per i due l'occasione per siglare se non la pace, sicuramente una tregua. Quella che porterà poche ore dopo lo stesso Grasso a giudicare ammissibile l'emendamento firmato dal senatore-scout Roberto Cociancich. Renzianissimo, ovviamente. Come Francesco Russo e Andrea Marcucci che, al termine della prima giornata, dove il pallottoliere della maggioranza supera i 170, lasciano il Senato soddisfatti congratulandosi a vicenda con il capogruppo Zanda: «La riforma verrà approvata nei tempi previsti, nonostante i gufi».