Renzi: «Via Tasi e Imu per tutti nel 2016. Salviamo vita migranti anche se costa voti»

Renzi: «Via Tasi e Imu per tutti nel 2016. Salviamo vita migranti anche se costa voti»
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Mercoledì 26 Agosto 2015, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 13:07

dal nostro inviato Claudia Guasco

RIMINI - Ripresa economica, tasse, risse e ritardi. Il gran tour di Matteo Renzi sulla costa adriatica, tre città in sei ore, riprende le fila della politica e mette sul piatto i temi caldi per l'Italia e il governo.

Prima Rimini, poi Pesaro e L'Aquila, c'è tempo per parlare di tutto. E così fa Renzi, lasciando prudentemente da parte la questione delle unioni civili (siamo pur sempre al meeting di Cl) e i funerali di Casamonica. Il mondo avanza e l'Italia arranca? Colpa di vent'anni dominati da berlusconismo e antiberlusconismo, che hanno «trasformato la seconda Repubblica in una rissa permanente ideologica» e hanno messo «il tasto “pausa” al dibattito italiano facendoci perdere occasioni clamorose. Ora il nostro compito è di rimetterci a correre. E' come se le riforme siano un corso accelerato per rimettere l'Italia in pari».

GIÙ LE TASSE

Si comincia dal fisco. «Eliminare la componente costo del lavoro dall'Irap è una cosa di buon senso, ma ancora non basta.

Il prossimo anno togliamo Tasi e Imu per tutti». Potrebbe sembrare una mossa alla Berlusconi, aggiunge il premier.

«C'è l'idea che il governo abbassi le tasse solo per il consenso e c'è un pregiudizio: chi fa il premier è solo per garantirsi un proprio futuro. Noi siamo abituati ai politici che stanno per generazioni e invece noi dopo due mandati lasceremo». Nel frattempo il governo agirà sulla leva fiscale: «Abbassare le tasse è una scommessa che non si fa solo un anno. Nel 2014 gli 80 euro, un intervento che rimane per sempre, poi il costo del lavoro nel 2015, il prossimo anno togliamo Tasi e Imu. Poi nel 2017 l'Ires, la tassa sulle imprese oggi al 31% per portarla al 24%. E nel 2018 l'Irpef», elenca Renzi. Qui, aggiunge, «non si tratta di estrarre il coniglio dal cilindro ma di garantire equità sociale». E cita Michelangelo: «Quando, davanti al David, gli chiesero come avesse fatto un tale capolavoro rispose: “Ho tolto quello che c'era in più. Questo dobbiamo fare, ed è solo l'inizio». Anche perché «la ripresa oggettivamente c'è, e i segnali vanno colti. Siamo bravi a fare i Tafazzi, non è possibile che non vediamo i segnali di positività, benché oggettivamente alla ripresa manchi una parte del Sud».

L'AFFONDO

Il lavoro sulle riforme farà la differenza. «L'Italia può giocare un ruolo nell'Europa che cambia, ma a condizione che sia essa stessa a cambiare». C'è l'Italicum, che definisce «una rivoluzione». La legge elettorale «è il primo tassello per riuscire finalmente a governare e non difendersi dagli assalti della minoranza o dell'opposizione». Bollata invece come una «discussione incredibile» quella relativa al Senato, alimentata da chi sostiene che «se non c'è elezione diretta è a rischio la democrazia». Errore colossale, afferma Renzi: «Votare tante volte non significa più democrazia. Quello è il Telegatto. Moltiplicando le poltrone si fanno contenti quei politici, non gli elettori». Nessun timore per la mole di emendamenti presentati dall'opposizione e dalla minoranza del Pd sulle riforme costituzionali: «Ci portano mezzo milione di emendamenti, una risata li seppellirà». Dice Renzi: «Non ci faremo fermare da qualche cultore del blocco», perché l'Italia ha bisogno di rimettersi in movimento.

E lancia un avvertimento a Salvini: «Un politico vuole bloccare il Paese per tre giorni a novembre... ma sono vent'anni che la stanno bloccando! E la risposta, invece, è rimetterla in moto». E' la «positività del reale» che vince sul «provincialismo della paura: l'Italia è tornata a crescere anche se lo 0,5% ancora non basta» e resiste anche al crollo della borsa cinese. «Se smettiamo di piangerci addosso il Paese può ripartire».

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