Renzi: «Riforme o si vota, millegiorni ultima chance»

Renzi: «Riforme o si vota, millegiorni ultima chance»
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Martedì 16 Settembre 2014, 10:56 - Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 09:22

I Millegiorni sono l'ultima chance. A dirlo il premier Matteo Renzi che oggi prima alla Camera e poi al Senato ha illustrato il programma di governo per i prossimi tre anni.

I Millegiorni «Non interessa tenere in piedi la legislatura ma l'Italia. Il Paese ha interrotto la caduta ma non basta ancora. La decrescita forse sarà felice per qualcuno ma non lo è mai. L'obiettivo è tornare a crescere partendo dal numero degli occupati. Le stime sono ancora insufficienti data la crisi, dobbiamo rovesciare e reimpiostare la scommessa politica del paese. I Millegiorni servono a questo, non sono una perdita di tempo ma sono l'ultima chance».

La direzione dell'Italia «Il governo ha il dovere di indicare dove vogliamo portare il Paese nei prossimi 1000 giorni. Prendete come scadenza della legislatura quella naturale anche sapendo che la fiducia può essere negata in ogni momento. Non abbiamo paura di confrontarci con gli Italiani, lo abbiamo dimostrato».

Legge elettorale «Vorrei rivendicare con decisione 'o le riforme si fanno tutte insieme o non si porta a casa il percorso di cambiamento': il benaltrismo come filosofia politica ignora il dato di fatto che o le riforme si fanno insieme o non si esce con il passo della tartaruga da 20 anni di stagnazione». «Nessuno vuole andare avanti con bulldozer ma la legge elettorale non è tema da rimandare: è una priorità», aggiunge spiegando che nel percorso «siamo pronti ad ascoltare, ma alcuni punti sono immodificabili». Serve una nuova «legge elettorale subito» ma non «per andare elezioni», ma perché una «ennesima melina istituzionale sarebbe un affronto».

«Non temiamo il voto» «Vi proponiamo di utilizzare come scadenza della legislatura la scadenza naturale, febbraio 2018. Non abbiamo paura di confrontarci con gli italiani, penso che lo abbiamo dimostrato in varie circostanze, ma prima degli interessi di parte vengono gli interessi del Paese».

Alle urne solo se non si fanno le riforme Con i mille giorni si «imposta un ragionamento che ciporta al 2018 a condizione di mettere in campo le riforme necessarie come quella Pubblica amministrazione, fisco, lavoro, giustizia, diritti civili, scuola, riforme istituzionali e elettorali», ha poi aggiunto Renzi al Senato.

«Di tutto quello che ho detto ho visto che il titolo è "andiamo alle elezioni", volevo dire che non è assolutamente cosi», ha poi precisato il premier conversando con i cronisti prima di lasciare il Senato.

La battaglia ideologica «Chiedo alla Camera di recuperare lo stile nella discussione» sulla riforma costituzionale. «Il 'fil rouge'» durante il dibattito al Senato «è stato gridare alla svolta autoritaria e contemporaneamente affermare che non eravamo in grado di condurre in porto i nostri progetti: il primo golpe con a moviola fatto nella storia del Paese...». «La battaglia demagogica l'abbiamo vinta alle elezioni e continueremo a vincerla», avverte.

Fisco «Noi siamo con Italia che si spezza la schiena» e non con i «professionisti della tartina e presunti esperti che non hanno previsto la crisi e hanno poi sbagliato a dare le risposte» e ora con «sicumera spiegano» cosa dovremmo fare, continua. «Serve una strategia condivisa di riduzione fiscale, del carico delle tasse sul lavoro con la riduzione per la prima volta dell'Irap», sottolinea aggiungendo che «il fisco deve essere il meno caro possibile».

Sacrifici «Il Senato ha fatto passi avanti nel portare a casa un risultato che sembrava improponibile» di riforma della Costituzione. «Ma i senatori hanno svolto una funzione importantissima anche perché hanno dimostrato plasticamente che il tempo delle rendite è finito per tutti. I sacrifici li facciamo per primi noi: è simbolico che non guardiamo in faccia nessuno ma guardiamo negli occhi tutti. La repubblica democratica fondata sul lavoro non può essere affondata sulla rendita».

Il lavoro «Al termine dei mille giorni il diritto del lavoro non potrà essere quello di oggi. Non c'è cosa più iniqua che dividere i cittadini tra quelli di serie A e quelli di serie B», prosegue citando alcuni casi di diparità di trattamento e sottolineando che deve essere superato un «mondo del lavoro basato sull'apartheid».

«Il sistema del diritto del lavoro va radicalmente cambiato in una dimensione in cui la centralità non è il derby ideologico. Ma bisogna cambiare gli ammortizzatori rendendoli più semplici, semplificare le regole e garantire forme di tutela univoche e identiche. Nel 2015 dobbiamo partire con i nuovi ammortizzatori sociali», ha poi aggiunto Renzi al Senato. Il premier è convinto che «non è solo con le norme che si creano posti di lavoro» ma serve «una politica industriale vera». Detto ciò, però, «non è pensabile la tesi di chi difende questo sistema sul lavoro perchè è la cosa più a sinistra. Per un motivo molto semplice: questo sistema è quanto di più ingiusto e iniquo che ci sia».

Il bonus Irpef «Gli 80 euro non hanno dato l'effetto sperato. Potremmo fare di più, dovremmo fare di più, certo. Ma abbiamo iniziato», ammette quindi il premier.

Le banche «Sono convinto che negli 'stress test' le banche italiane saranno più forti di altre europee: noi abbiamo salvato le banche degli altri Paesi, nessuno ha salvato le nostre», aggiunge.

Avvisi di garanzia e inchieste «In queste ore un'azienda che è la prima azienda italiana, la 22esima al mondo, è stata raggiunta da un'indagine. Io dico qui in Parlamento che noi aspettiamo le indagini e rispettiamo le sentenze ma non accettiamo che uno scoop metta in discussione decine di migliaia di posti di lavoro», dice poi riguardo all'inchiesta sull'Eni per la presunta maxi-tangente in Nigeria. «Non consentiamo a un avviso di garanzia di cambiare la politica aziendale di questo Paese».

Diritti civili «Al termine dei mille giorni ci sarà una legge sui diritti civili».

Rai «Al termine dei mille giorni ci sarà una riforma della Rai in cui la governance sarà sottratta ai singoli partiti. Lo dico io che sono il capo del partito più grande in Italia e che rivendica con orgoglio di non aver mai incontrato l'ad dell'azienda pubblica».

Giustizia «Il problema della giustizia civile non sono le ferie dei magistrati. Nessuno in questa aula sostiene che la giustizia si semplifica con le ferie dei giudici, ma non c'è nessuno qui fuori che pensi che sia giusto che ci siano 45 giorni» di chiusura dei tribunali «per un servizio così delicato come la giustizia».

Contestazione della Lega al termine del discorso del presidente del Consiglio alla Camera. I deputati del Carroccio hanno innalzato le bandiere del Veneto e cartelli con la scritta "Il futuro del Veneto nelle mani dei veneti". La presidente Laura Boldrini ne ha ordinato la rimozione da parte dei commessi.

La Lega offre gelati Protesta anche dei senatori del Carroccio contro il presidente del Consiglio al termine del suo intervento in Aula a Palazzo Madama. I senatori leghisti, con chiaro riferimento al botta e risposta tra Renzi e il settimanale Economist di qualche giorno fa, hanno infatti esposto dei coni gelato finti dai banchi dove erano seduti. Immediato il richiamo del presidente Pietro Grasso e l'intervento dei commessi. La senatrice Patrizia Bisinella è stata però più audace dei colleghi perché, attraversando l'emiciclo, è arrivata ai banchi del governo e ha offerto il cono a Matteo Renzi in persona. Il presidente del Consiglio ha osservato divertito, ma ha declinato l'assaggio.

M5S: pagliacciata inutile. «Qual è il senso di questa pagliacciata inutile? Siamo angosciati nel vedere un premier che fa il saccente e va in giro per l'Europa a sbruffoneggiare e prende schiaffi a destra e a manca». Lo ha detto nell'Aula della Camera Andrea Cecconi di M5S dopo l'informativa del presidente del Consiglio, che accusa di «imbonire il Parlamento con la balla ennesima dei mille giorni». «Lei non ha idea di cosa significhi andare avanti senza sapere come. Io non mi vergogno a dire che so che cosa significhi. I cittadini hanno bisogno di risposte immediate e in Aula e non a mezzo tweet», rileva Cecconi proponendo a Renzi «un patto non di mille giorni ma di mille ore per risolvere i problemi del Paese». Cecconi definisce poi come «una vergogna proporre Violante e Bruno» quali candidati alla Corte costituzionale. «E non ci si dica che i problemi li risolve lo Sblocca Italia: serve solo a far guadagnare le grandi imprese. Lei, presidente Renzi, ha sbagliato. Glielo diciamo per la nostra terra e per il nostro Paese. Il prossimo governo sarà dei Cinque Stelle».

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