Renzi-Letta, è scontro sul governo
Il sindaco: «Mesi di fallimenti»

Renzi-Letta, è scontro sul governo Il sindaco: «Mesi di fallimenti»
di Mario Staganelli
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Venerdì 17 Gennaio 2014, 07:42 - Ultimo aggiornamento: 11:55
ROMA - In dieci mesi abbiamo assistito a una serie di fallimenti, non abbiamo fatto la legge elettorale ed saltata la revisione costituzionale.

Siamo pieni di ministri delle riforme, facciamo seminari interessantissimi, ma risultati zero, o quasi». Così Matteo Renzi alla direzione del Pd in un discorso che ha distribuito bacchettate e ironie a 360 gradi. Al governo, agli alleati del Ncd di Alfano, a oppositori «del calibro» di Gianroberto Casaleggio.

Quanto all’esecutivo Letta, innanzitutto la smentita di «qualsiasi complotto per porre un termine alla sua durata»: il governo, secondo il segretario del Pd, «deve andare avanti finché realizza risultati».



Affermazione accompagnata però dalla constatazione che lo stesso governo «è al minimo storico di gradimento. Un dato che mi terrorizza». Per Renzi non si evocano complotti «se si dice che il governo ha fatto figure barbine con insegnanti, slot machine, Imu. Siccome è il governo guidato da uno di noi, far notare gli errori non è cercare di far le scarpe al premier, è cercare di dare una mano». Di qui la considerazione del segretario che «nei prossimi quattro mesi ci giochiamo la faccia. Se non c’è la consapevolezza dell’urgenza di cambiare pensando che si possa andare avanti come se niente fosse, saremo spazzati via da una devastante campagna elettorale, in cui l’antieuropeismo di Grillo e Berlusconi si salderà con la demagogia crescente tra la popolazione che ci addebiterà le responsabilità del fallimento». Scartata ogni soluzione che passi da «rimpasti o rimpastini che significherebbero una drammatica sottovalutazione del problema», Renzi punta tutto sulle riforme da realizzare nel teorico anno di tempo che il governo potrebbe garantirsi operando bene.



IL PACCHETTO

Il pacchetto, sul quale il leader dem chiede un mandato della direzione da riunire di nuovo lunedì, comprende innanzitutto la legge elettorale, la riforma del bicameralismo e quella del Titolo V della Costituzione. Sulla legge elettorale, che Renzi vuole a impronta maggioritaria e bipolarista, al di là del modello tra i tre proposti dal Pd, si innesta però la polemica sul dialogo con FI e con Berlusconi, che il segretario definisce «surreale», ritenendo che davanti a un insieme di riforme sia «impossibile non parlare con FI». E a chi fa rilevare la condizione di «pregiudicato» del Cavaliere, replica di «non aver visto ministri dimettersi al momento della sentenza su Berlusconi.



Sulla legge elettorale Renzi, chiede un mandato per «superare i veti dei piccoli partiti», i rigurgiti proporzionalisti ed evitare le «indegne figuracce fatte dai governi di centrosinistra con la selva di partitini che silurarono Prodi». Questo anche a dispetto dei desideri di Angelino Alfano, che - sottolinea Renzi - «non è uno di noi e domani starà ancora con Berlusconi». Valutazione che lo fa scontrare con Gianni Cuperlo, che invece apprezza la rottura dell’Ncd con la «concezione padronale del partito di Berlusconi» e non vorrebbe il Cavaliere «riabilitato e riportato sulla scena» dal discusso faccia a faccia che Renzi e il leader azzurro dovrebbero avere domani.



Per il leader della minoranza pd, inoltre, «sarebbe saggio valutare le ragioni di un Letta bis che faccia recuperare prestigio al governo». Scenario improbabile, anche alla luce del voto che ha chiuso la direzione: 150 a favore della relazione del segretario e 35 astenuti. Fotografia di uno stato di tensione, per tentare di venire a capo del quale un vertice si è tenuto a tarda sera tra Renzi e Letta a palazzo Chigi.
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