Riforme, Renzi avverte: «Nessun baratto con la giustizia»

Riforme, Renzi avverte: «Nessun baratto con la giustizia»
di Marco Conti
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Domenica 2 Febbraio 2014, 10:07
ROMA - Con Berlusconi condivide l’intesa sulla legge elettorale, ma non certo i giudizi sul presidente della Repubblica.

Per marcare secca la distanza, ieri mattina Matteo Renzi ha chiesto a Lorenzo Guerini, portavoce della segreteria Pd, di replicare al Cavaliere che da Cagliari aveva anche accusato Giorgio Napolitano di eccessiva attenzione verso le ragioni dei partiti più piccoli. Una presa di distanza dovuta, specie ora che il Capo dello Stato è sotto il pesante e sgangherato attacco del M5S. Un indiretto gesto di solidarietà nei confronti di colui che in queste settimane, in maniera discreta, ha spinto le forze politiche a trovare un’intesa sulle riforme e che, alla fine, ha anche dovuto prendere atto del ritorno in pista di Berlusconi.



GRAZIA

Un equilibrio non facile per il segretario del Pd che per arrivare all’intesa ha anche dovuto rassicurare sulle reali intenzioni del leader di Forza Italia che in questi anni ha tenuto con l’inquilino del Colle un atteggiamento a dir poco altalenante. L’intervento di Gianni Letta ha rappresentato una sorta di garanzia e si è trasformato in un assist per lo stesso sindaco di Firenze, ma il Quirinale segue con estrema cautela la trattativa e monitora con estrema attenzione le esternazioni del Cavaliere non nuovo a strappi. Come quello consumato nel finire dello scorso anno sul governo che ha archiviato la fase costituente alla quale aveva lavorato il ministro Quagliariello e che in sostanza era alla base dell’accettazione del secondo mandato. Decisione sofferta, quella del Capo dello Stato che in questi giorni non viene certo supportata dalle minacciose promesse di impeachment da parte dei grillini. Sarebbe però ancor più complicato se al pressing polemico dei Cinquestelle si unisse anche quello del Cavaliere. Tanto più se, come già accaduto, l’ex presidente del Consiglio si fosse in qualche modo convinto che il sì alle riforme elettorali ed istituzionali comportasse qualche atteggiamento diverso da parte delle istituzioni, e del Colle soprattutto, rispetto alla sua vicenda processuale.



CONFLITTO

E’ anche per questo che dalla segreteria del Pd è partita la secca presa di distanza nei confronti del Cavaliere che nella serata di ieri ha aggiunto un carico da novanta dopo aver anche accusato il capo dello Stato di aver partecipato «al colpo di Stato del 2011»: «Napolitano? Oggi non lo rieleggerei». Stavolta non c’è stato quel «mi dia la grazia», senza condizioni, che il Cavaliere chiese apertamente a Giorgio Napolitano poco prima di essere dichiarato decaduto da senatore. Il rischio che Berlusconi - complice qualche comizio elettorale - torni ad indossare i panni del caimano è infatti reale e pericolosissimo per l’iter delle riforme che Renzi ha avviato proprio grazie all’intesa con il Cavaliere. Gli affondi di Berlusconi segnalano la latenza di un conflitto destinato a riaccendersi con l’avvicinarsi del 10 aprile, giorno nel quale i giudici dovrebbero decidere del destino personale del Cavaliere e se affidarlo ai servizi sociali.



E’ vero che, sempre ieri, Berlusconi ha avuto parole positive nei confronti di Renzi e del percorso dell’Italicum, ma l’affondo contro il Colle va anche letto come l’indisponibilità del Cavaliere ad altre concessioni. Tanto più se si tratta di aggiustamenti alla riforma che finiscano con l’aiutare il Nuovo Centrodestra di Alfano frutto di una scissione dal Pdl che l’ex premier considera «pilotata dall’esterno a mio danno». Renzi con Berlusconi condivide l’insofferenza nei confronti dei «piccoli», ma ha - rispetto al Cavaliere - un obbligo in più. Ovvero non spingere il governo-Letta ad un passaggio di crisi che lo obbligherebbe ad un ruolo da protagonista nel nuovo governo (viste le percentuali del Pd) che non vorrebbe assumere. E’ per questo che nei giorni scorsi il segretario del Pd si è speso con Berlusconi nel tentativo di non scontentare il Ncd. E’ per questo che al Nazareno c’è chi ritiene possibile qualche ulteriore limatura al 4,5%. Senza una soglia di sbarramento facilmente superabile, il partito di Alfano sarebbe infatti costretto a negoziare con Forza Italia non l’alleanza, ma la stessa composizione del listone che, magari nel nome del Ppe come vorrebbe Casini, dovrebbe presentarsi insieme già alle elezioni Europee di maggio.



Resta da vedere fino a che punto Gianni Letta e Denis Verdini sapranno ”gestire” i segnali di nervosismo del Cavaliere e l’intangibilità dell’accordo sull’Italicum potrebbe essere il prezzo che Renzi dovrà ”pagare” per tentare di far arrivare al traguardo l’accordo sulla legge elettorale.
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