Su lavoro e articolo 18 Renzi è pronto allo strappo

Matteo Renzi
di Alberto Gentili
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Martedì 16 Settembre 2014, 12:46 - Ultimo aggiornamento: 12:52
C' una cosa che Bruxelles e la Banca centrale europea chiedono all'Italia da tre anni, dalla famosa drammatica estate del 2011: la riforma del mercato del lavoro, abolizione dell'articolo 18 compresa. Obiettivo: rendere più flessibile il sistema, dare una spinta all'occupazione e alla competitività delle imprese.



Ebbene Matteo Renzi, alla disperata ricerca di flessibilità per rinviare il pareggio di bilancio e non essere costretto ad altre (e dolorosissime) manovre correttive dei conti, ha deciso di dare ai partner europei la riforma che chiedono. L'ha fatto capire chiaramente nel suo discorso, sul programma dei "Mille Giorni" pronunciato alla Camera. E lo farà molto più in fretta del previsto:
«Se saremo nelle condizioni di avere tempi certi e serrati noi rispetteremo il lavoro del Parlamento e ci attrezzeremo per le legge delega, altrimenti siamo pronti a intervenire anche con misure d'urgenza». Con i decreti.



Una mossa che piacerà a Bruxelles, dove attendono le riforme strutturali, e farà gongolare l'alleato Angelino Alfano e l'alleato "coperto" (ma neppure tanto) Silvio Berlusconi. Scontata la reazione furente dei sindacati e della sinistra del Pd. Ma Renzi ha già cominciato la guerra e per gettare scompiglio nel campo avversario, presenta la riforma dell'articolo 18 (senza pronunciarlo) come una questione di equità sociale:
«Ora il mondo del lavoro è basato sull'apartheid. Tra chi ha garanzie e chi non ne ha. E' una cosa profondamente iniqua». Si tratterà di vedere se togliere la tutela del reintegro, in caso di licenziamento illeggittimo, porterà più equità o più licenziati e dunque più disoccupati. Ma in fondo il vero target di questa partita, a Roma come a Bruxelles, è dare più competitività alla imprese per uscire dalla crisi. L'occupazione, se verrà, verrà dopo e con meno tutele.
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