«Sgomberate lo stadio, manovre militari». Ma è Renzi in elicottero da Draghi

«Sgomberate lo stadio, manovre militari». Ma è Renzi in elicottero da Draghi
di Renato Pezzini
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Giovedì 14 Agosto 2014, 08:20
MILANO Enrico Berlinguer quando non voleva che i suoi incontri divenissero pubblici dava ordini precisi all’autista: mandare via la scorta, prendere un’auto che non desse nell’occhio, farsi trovare all’uscita secondaria di Botteghe Oscure. Fu grazie a questi accorgimenti che fra la fine del 1977 e l’inizio del 1978 si vide ripetutamente con Aldo Moro a casa del proprio portavoce, Franco Tatò, mettendo le basi per il governo delle larghe intese. Di quei summit si venne a sapere solo dopo la sua morte.



RISERVATO MA NON TROPPO

Dell’incontro di martedì fra Matteo Renzi e Mario Draghi, invece, s’è saputo subito. Andare a un appuntamento segreto con un elicottero targato Palazzo Chigi parcheggiandolo in un campo di calcio, del resto, non è cosa che passa inosservata. Specie se la squadra che si allena su quel prato verde viene sfrattata causa «esercitazione militare», cosa che è avvenuta a Città della Pieve, il paese dove il governatore della Bce ha una casa. A chi non rimarrebbe la curiosità di andare a verificare che razza di esercitazioni possono mai avvenire in un posto così?



Di incontri segreti è piena la storia della politica. Alcuni veri, alcuni favoleggiati, altri così ben architettati da rimanere effettivamente segreti. A meno che non capiti la sfortuna di trovare un paparazzo più tenace della media che riesce a pizzicare il presidente francese (Hollande) mentre esce dall’Eliseo su uno scooter camuffato da pony express per andare dall’amante (Julie Gayet). A Parigi la scappatella ha suscitato più ilarità che scandalo, e comunque va detto che la politica c’entrava poco.



COME IN UNA FICTION

Spesso i summit occulti hanno risvolti comici. Nel 2009 centrosinistra e centrodestra si guardavano in cagnesco, ma Tremonti e D’Alema si diedero ugualmente appuntamento in un hotel di via Veneto, «lontano da occhi indiscreti». Quando giunsero nella hall dell’albergo la trovarono invasa dalle cinecamere di una produzione tv impegnata a girare alcune scene della fiction «Caterina e le sue figlie». Si narra che Baffino s’infuriò con Nicola La Torre che lo accompagnava: «Facevamo prima se andavamo direttamente a teatro».



In tempi recenti D’Alema è senza dubbio il recordman degli incontri segreti smascherati in diretta, o quasi. Nel 1997 ebbe la brillante idea di convocare Antonio Di Pietro al Testaccio, in piazza dell’Emporio, in casa di un fidatissimo collaboratore. Doveva proporgli di candidarsi per l’Ulivo nel collegio del Mugello e voleva che il resto del mondo politico ne rimanesse all’oscuro. Ma non calcolò che in quel palazzo ci abitava, fra gli altri, anche Giuliano Ferrara alle cui orecchie la notizia giunse in un baleno. Addio riservatezza.



Nel 1994 fu regista del rendez vous che portò alla caduta del primo governo Berlusconi. Luogo prescelto: il bilocale affittato da Umberto Bossi nella periferia romana. Il padrone di casa, cioé il Senatùr, incalzato da D’Alema e Rocco Buttiglione - che guidava il Ppi - si convinse a levare la fiducia al Cavaliere. Avendo poco da offrire agli ospiti aprì una scatola di sardine che diede il nome al patto raggiunto quella notte. Ma la notizia dell’incontro che doveva rimanere segretissima due giorni dopo apriva i tg.



NELLE LAVANDERIE DELL’HOTEL

Durò ancora meno l’embargo sul patto della crostata, 1997. Come ladri nella notte si ritrovarono a casa di Gianni Letta (che a fine cena offrì un creme caramel, non una crostata) molti protagonisti della politica italiana d’allora, Fini, Berlusconi, Marini, naturalmente D’Alema, altri ancora. Si accordarono su nuove regole istituzionali da approvare insieme: l’archetipo dell’inciucio. Volevano che non si sapesse in giro, ma poiché quando a conoscere un segreto sono più di due il segreto non c’è più, a fine cena sotto casa Letta c’erano orde di cronisti.



Forse, dopo quella volta Gianfranco Fini si convinse che le abitazioni private non sono il posto migliore per ospitare summit clandestini. Meglio gli alberghi. Tanto che nel 2002, mentre infuriava il dibattito sull’articolo 18, andò a pranzo con la madre all’hotel de Russie, in via del Babbuino, in uno slancio di amor filiale. Fra il primo e il secondo si alzò da tavola perché nel frattempo, transitando non visti dalle lavanderie dell’albergo, arrivarono Savino Pezzotta e altri dirigenti Cisl con cui intendeva stabilire un contatto riservato. Qualche ora più tardi tornò a Palazzo Chigi fiero della sua trovata, salvo pentirsene il giorno dopo quando lesse sui quotidiani un dettagliato resoconto (lavanderie comprese) dell’incontro.
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