Renzi: «Azzerare le leggi sul lavoro. Berlusconi non ha più i numeri per mandare a casa questo governo»

Matteo Renzi (foto Cecilia Fabiano - Toiati)
di Mario Ajello e Barbara Jerkov
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Mercoledì 30 Ottobre 2013, 07:53 - Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 08:12

Vanno cambiate, semplificate, azzerate le norme che regolano il mondo del lavoro e il sistema previdenziale. Cos annuncia Matteo Renzi, nel videoforum con il Messaggero. Cambiare tutto, significa superare anche lo statuto dei lavoratori?

«Non cancellerei lo statuto dei lavoratori. E’ stato, nel 1970, una risposta a un mondo in cui vigeva quasi un far west normativo in questa materia. Nella logica della difesa dei diritti dei lavoratori quel codice è intoccabile. Ma si possono modificare le regole non solo dentro lo statuto ma anche nei duemila articoli della legislazione in materia. Immagino un codice del lavoro che abbia 60-70 regole che comprendano anche i paletti stabiliti nel ’70, per quanto riguarda tutele e diritti».

E per il resto?

«Noi abbiamo oggi una Repubblica fondata sul lavoro, dove però campa soltanto chi ha la rendita. Chi ha la rendita se la spassa, chi non ce l’ha soffre. Il lavoratore vero soffre».

Come va modificata la sua condizione?

«Si continua a parlare della libertà di licenziare ma bisogna parlare anche della libertà di assumere. Esiste una serie tremenda di blocchi burocratici che impediscono agli imprenditori di assumere. Va semplificata e resa più chiara la possibilità di offrire lavoro. Se il lavoro lo perdi, ci sono strumenti di cassa integrazione. Ma quando le aziende non ripartono, non c’è cassa integrazione. Bisogna trovare incentivi alla formazione professionale. Nei Paesi normali, dove il welfare funziona, tu perdi il posto di lavoro? Io per due anni ti do un sussidio, obbligandoti a frequentare un corso professionale. Qui, purtroppo, troppo spesso, la formazione professionale fa l’interesse dei formatori professionali e non dei lavoratori».

Nuove regole nel lavoro significa anche nuove regole di rapporto con i sindacati. Lei da leader del Pd, se lo diventa, che relazione vorrà avere con la Cgil?

«Ho profondo rispetto dei ruoli, per due soggetti, il partito e il sindacato, che sono protagonisti differenti. Il Pd non deve essere la cinghia di trasmissione della Cgil».

Farà il duro con i sindacati come lo fece Blair, che è il suo modello di politico e di statista?

«I sindacati facciano le loro battaglie, e io mi auguro che siano ancora più rappresentativi, visto che ora rappresentano soprattutto i pensionati. Mi auguro che la Cgil e gli altri facciano cose concrete e difendano i lavoratori garantiti e non garantiti. Se io divento segretario del Pd, non metterò mai bocca sulla linea della Cgil, e mi auguro che anche loro facciano lo stesso con noi».

La vocazione maggioritaria del Pd di Veltroni, a cui si ispira anche lei, cancellò dal Parlamento la sinistra radicale. Lei che cosa farà, visto che anche Vendola si definisce «renziano»?

«Prima bisogna capire che cos’è la sinistra radicale. Se è radicale sulle idee, lo sono anch’io. Ad esempio sulla burocrazia, io sono radicale. Andrei con il decespugliatore. Poi c’è una sinistra radicale sull’ideologia e va capito a che gioco giocano. Voglio dire, insomma, che se la cosiddetta sinistra radicale si vuole confrontare sui contenuti, è benvenuta. Se invece è come quella che nel 2008 ha mandato a casa Prodi, allora anche: no, grazie».

In queste ore si decide il voto sulla decadenza di Berlusconi: secondo lei, dev’essere segreto o palese?

«L’idea del voto palese è sacrosanta. Non ci vedo niente di male, se ciò significa chiedere ad un senatore di essere responsabile della propria scelta. Mi dispiacerebbe se ci fossero giochini alle spalle, un pò stravaganti. Temo che qualcuno tra i 5 Stelle voti contrariamente a quello che dice. Ritengo assolutamente preferibile il voto palese, nel rispetto delle regole».

Dal voto sulla decadenza, deriverà la vita o la morte del governo Letta?

«Non credo. Berlusconi non ha i numeri per mandare a casa il governo e questo valga come elemento che toglie ogni alibi al governo. Lui ci ha provato a fare una mozione di sfiducia il giorno del voto, il 2 ottobre. Poi ha capito che il governo i numeri li aveva e allora, con una meravigliosa retromarcia, ha fatto finta di nulla. Dicendo di sì all’esecutivo. Ma basta parlare di Berlusconi. E’ da 20 anni che se ne parla. Per i prossimi 20 anni parliamo dell’Italia, parliamo di un altro italiano».

Vogliamo parlare di Renzi, anzi di Virna Lisi. Le è piaciuto il paragone che D’Alema, per definirla più un attore che un politico, ha fatto tra lei e Virna Lisi?

«Sono imbarazzato per Virna Lisi. Le ho inviato un mazzo di fiori, scusandomi perchè il paragone con me è umiliante».

E lei a quale figura paragonerebbe l’ex premier?

«L’unico personaggio del passato che mi fa venire in mente D'Alema è D'Alema. Battute a parte, credo che D’Alema non sia entusiasta della mia candidatura, me ne ero accorto, continuo a rispettarlo e a non aprire polemiche con lui. L'ultima volta che l'ho sentito, è quando mi ha mandato un sms perchè la Fiorentina stava vincendo contro la Juve. Era felice. E mi piace ricordarlo così».

Berlusconi non le piace ricordarlo, ma sulla sburocratizzazione, sulla lentezza dei processi legislativi, sul taglio dei costi dello stato lei dice cose che lui dice da sempre. Ma se nessuno è riuscito a fare queste cose, perchè dovrebbe riuscirci lei?

«Innazitutto, Berlusconi sbandierava queste battaglie ma poi ha messo quel gran genio di Calderoli come ministro della Semplificazione, complicando tutto. Perchè gli italiani dovrebbero credere a me? Anche per quello che ho fatto da sindaco di Firenze. Dicevo di rottamare e ho mandato a casa tutti gli assessori di prima. Dicevo di tagliare i costi della politica, e ho venduto le autoblù. Dico di ridurre i parlamentari, e ho dimezzato il numero degli assessori a Palazzo Vecchio. Dico di aumentare la rappresentanza femminile, e su otto assessori cinque sono donne. Devo continuare?».

La supplichiamo: no!

«E comunque, ora c’è l’elemento di speranza legato a una nuova generazione. Se quelli di prima hanno fallito, fateci provare a noi. Peggio di loro, non potremo fare».

Quali le priorità, secondo Renzi?

«Sono tante. Del lavoro, dicevamo. E servono le riforme istituzionali e costituzionali, per rendere il Paese all’altezza delle aspettative. Una legge elettorale chiara, come quella in vigore per i sindaci. E via il Senato. Va abolito. Basta, stop. Ora è un continuo ping pong che fa sbadigliare, moltiplica i tempi e la burocrazia».

La riforma delle pensioni, che non piace ai sindacati e a molta sinistra, lei la cambierebbe?

«Lo dico con il rischio di perdere qualche voto: la riforma Fornero va bene. Non era affatto sbagliata. Ma va trovata la soluzione per gli esodati perchè è inaccettabile che lo Stato fa un patto e poi ti frega».

A proposito di patti, non è che lei ha un patto con Cuperlo e gli farà fare il vice-segretario?

«E’ una persona che stimo e con il quale abbiamo differenze di idee. Ma tra di noi esiste nessun inciucione con distribuzione di posti. Lui per primo ha detto che non è interessato a fare il mio vice, nel caso sia io il segretario».

Perchè lei non s’indigna tanto per il caso del tesseramento gonfiato nel Pd?

«E’ una vicenda molto grave. Ma possono gonfiare tutto quello che vogliono, tanto il segretario lo eleggono le persone che vanno a votare alle primarie, i cittadini che senza nessun obbligo, senza tessera, senza affiliazioni di nessun tipo, si recano sotto i gazebo e dicono la loro. Il partito che voglio è così. Un partito aperto. Anche dal punto di vista dei conti e delle finanze. Metteremo on line, se sarò segretario, ogni spesa sostenuta dal Pd. Fino all’ultimo centesimo, visto che non sappiamo dove sono finiti i 2 euro delle scorse primarie».

A proposito di non limpidità: che cosa pensa dello spionaggio americano ai danni dell’Italia e dell’Europa?

«Penso che non puoi permettere a un alleato di venire a rovistarti in casa. E’ come un amico che ti ruba le chiavi dell’appartamento, ne fa una copia e va a intrufolarsi nei tuoi cassetti. E’ un problema di autorevolezza. L’Italia e l’Europa, per farsi rispettare, devono essere autorevoli e forti. E invece, da questo punto di vista abbiamo, come Paese e come Continente, ancora molto da fare».

L’Italia, sui diritti civili, sembra arretrata. Che cosa pensa della vicenda del ragazzo gay suicida a Roma?

«Episodi terribili come questo sono il segno che sta perdendo tutta la comunità. Non soltanto si è persa una vita ma si è trattato di una sconfitta generale. Voglio dire ai ragazzi che vivono con difficoltà la propria identità sessuale di non avere paura, di parlarne, di farsi ascoltare. Su questo tema, non possiamo fare finta di niente. Quanto alla legge contro l’omofobia, io sono sulle posizioni di Ivan Scalfarotto. E’ una norma migliorabile, ma meglio una legge perfettibile che nessuna legge».

Su questa e altre materie, non condivide il massimalismo dei 5 Stelle a cui cerca di sottrarre voti?

«I voti già gli sono stati sottratti, e tanti, a Grillo, nello scorso fine settimana. Lui l’altro giorno è stato bravissimo a nascondere la notizia. Ha parlato di tutto tranne che della sconfitta in Trentino, dove ha perso 3 voti su 4. Gli elettori sono delusi, sono stanchi. Gli avevano detto: cambia l'Italia! E Grillo si è nascosto sul tetto. Mi sembra il tacchino di Bersani».

Bersani è un rottamato, secondo lei?

«Da rottamare, nel nostro partito, sono le correnti. A cominciare da quella che attribuiscono a me. Sono per rottamare i renziani e gli altri».

Ma lo sa che nel 2015, dopo le elezioni, lei potrebbe avere tre poltrone insieme: sindaco, segretario del Pd e premier?

«C’è chi, per esempio Alfano, ne ha di più. E comunque. Il ruolo di sindaco e quello di premier sono incompatibili. Mentre il segretario del partito può essere anche il capo del governo. Se tutto va bene io l'8 dicembre posso diventare segretario e non immagino questa carica come un tappa intermedia, ma come un modo per riconciliare la gente con la politica. Non farò il segretario old style, non farò caminetti tra maggiorenti ma starò in mezzo alla gente come lo faccio da sindaco».