Rai, rischio rinvio sul presidente. E Vespa rinuncia all'offerta

Rai, rischio rinvio sul presidente. E Vespa rinuncia all'offerta
di Alberto Gentili
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Martedì 4 Agosto 2015, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 08:50
Ancora in viaggio in Giappone, Matteo Renzi ha affidato la grana delle nomine Rai al suo braccio destro Luca Lotti, rimasto a presidio di Palazzo Chigi. E mai trasferta si rivelò più provvidenziale, visto che il premier vuole mantenersi ben distante dal teatrino della spartizione.

La partita però è tutt'altro che facile. Anche se è domani il D-day in cui dovranno saltare fuori i nomi dei nuovi vertici di viale Mazzini, al momento a palazzo Chigi è stata riempita soltanto la casella del direttore generale: Renzi ha deciso di puntare su Antonio Campo Dall'Orto, reduce da Mtv Italia, La7 e ora nel Cda delle Poste. Quanto al vicepresidente di Sky Andrea Scrosati, tra i più autorevoli nel mondo della tv, si era già chiamato fuori da mesi: «Sono davvero lusingato che il mio nome sia stato suggerito da qualcuno, ma come ho avuto modo di ribadire da tempo questa ipotesi non esiste».



PARTITA IN SALITA

L'affare si complica per il presidente. Tant'è che c'è chi non esclude, nell'inner circle renziano, un rinvio a settembre «se i Cinquestelle, trovando un'oscena saldatura con Forza Italia, decidessero di mettersi di traverso». Per l'elezione del presidente, infatti, servono i due-terzi della commissione di Vigilanza. Dunque, non bastano i voti della maggioranza Pd-Area popolare.



Silvio Berlusconi, dopo essere rimasto dolorosamente scottato in occasione dell'elezione per il Quirinale, si fida poco di Renzi. Così al premier, tramite i suoi ambasciatori, ha chiesto una rosa di nomi da cui pescare il più gradito. Oppure, in alternativa, sarebbe pronto ad avanzare lui stesso un elenco di candidati da sottoporre al premier. Di questo ha parlato l'ex Cavaliere ieri sera con Gianni Letta, Paolo Romani, Renato Brunetta e Maurizio Gasparri.

Ma Renzi, tramite Lotti, non ha lasciato margini per «trattative corpose». Anche perché, nonostante l'intesa con la minoranza raggiunta ieri sera sui tre membri del Cda in quota Pd (due saranno riconducibili alla maggioranza dem e uno alla minoranza), i bersaniani stanno facendo di tutto per rendere ancora più difficile l'accordo. E propongono candidature, come quella prestigiosa di Giulio Anselmi, che Berlusconi considera sgradite in quanto troppo autonome.



Non mancano poi le rinunce. Bruno Vespa ha fatto sapere a chi l'ha contattato di non essere disponibile, spiegando ai suoi interlocutori di divertirsi ancora a fare il giornalista. E Antonio Catricalà, ex segretario generale di palazzo Chigi, ha deciso di restare alla guida della sua ”Law Academy”.



«NON PER FORZA UNA DONNA»

Così, al momento, per la presidenza Rai siamo al più classico toto-nomi. Molto quotato è quello di Antonella Mansi, ex presidente della Fondazione Monte dei Paschi e attuale vicepresidente di Confindustria. La Mansi piace a Renzi, è gradita a Forza Italia, ma non per questo si può considerare “sicura”. Tanto più che da palazzo Chigi fanno sapere che per questa casella «non vale l'alternanza di genere». Un'ulteriore conferma di quanto sia ancora in salita la trattativa e di come la Mansi non sia così vicina a viale Mazzini. In base a quanto filtra dalle stanze del governo e dalla sede dem del Nazareno, circolano inoltre i nomi di Carlo Fuortes (Auditorium e Opera di Roma), di Paolo Baratta (Biennale di Venezia) e di Mario Calabresi (La Stampa).

Berlusconi invece per ora si è limitato a proporre Piero Ostellino, anche per stoppare altre ipotesi. E a far sapere che non sarebbe ostile a Marcello Sorgi, ex direttore della Stampa e del Tg1. Lotti, invece, avrebbe sondato l'ex Cavaliere - con Cinquestelle e Lega che si sono chiamati fuori - per verificare la praticabilità di altre candidature per la presidenza «autorevoli, competenti e di garanzia». Anche perché un'intesa sulla Rai potrebbe essere replicata sul fronte delle riforme, riesumando almeno in parte il Patto del Nazareno la cui fine ha lasciato Renzi ostaggio della minoranza dem.



C'è da dire, infine, che la riforma della governance sarà solo il primo passo. «Quello che stiamo facendo è un tentativo per rendere la Rai un'azienda normale, con una gestione operativa finalmente efficiente», dice un renziano doc. «La vera riforma», aggiunge Francesco Verducci, membro del Pd in Vigilanza, «arriverà entro l'anno, con un testo unico per rivedere l'intero sistema delle Tlc e mandare in soffitta la legge Gasparri».