La via stretta/ La proroga con prognosi riservata

di Mario Ajello
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Martedì 28 Luglio 2015, 23:33 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 00:24
Doveva essere una scossa. Si è rivelato un mini rimpasto. Aspirava a rappresentare la ricucitura di un rapporto diventato quasi impossibile tra il premier e il sindaco di Roma, e invece la nuova giunta di Ignazio Marino ha ricevuto soltanto una proroga a denti stretti da parte di Matteo Renzi. Anche il cronoprogramma proposto ieri dal sindaco a colpi di slide non fa pensare a un tempo lungo, ma limita la prova di rilancio in un arco di sei mesi.

Ossia quelli - ormai ridotti a cinque - che questo giornale aveva indicato come spazio per dimostrare capacità decisionale e forza di ripartenza. Marino ha mostrato di sapere che soltanto sulla base dell’eventuale riuscita dei primi passi si potrà discutere del resto del tragitto.



Da parte del sindaco, della sua giunta e del Pd romano, abbiamo assistito ieri a una dichiarazione di ottimismo della volontà. A cui fa da controcanto il pessimismo della ragione da parte di una città che finora ha assistito a un elenco di buone intenzioni alle quali, purtroppo, non hanno fatto seguito i risultati. La soddisfazione di Marino, nella presentazione della sua nuova squadra, è stata plateale. Gli si leggeva negli occhi e sulle labbra.



Perfino la collocazione fisica del sindaco dentro la sala capitolina è stata eloquente. Eccolo seduto sotto un antico dipinto che ritrae un guerriero vittorioso a cavallo, mentre alle spalle di Marino, sulla sua destra, c’è il busto marmoreo di Vittorio Alfieri i cui eroi sono il simbolo della sublime solitudine perchè alieni da compromessi. Questo il set, e il sentimento del sindaco è quello di chi ritiene di essersi conquistato sul campo un allungamento della vita, dopo diverse diagnosi che lo avevano dato per spacciato. Ma il sentiero su cui si muovono lui e la sua nuova giunta è strettissimo.



Non ci sono gufi a tifare per l’insuccesso di questo tentativo, perchè sarebbe autolesionistico da parte della città e da parte del governo. Ma allo stesso tempo, è facile registrare lo scetticismo di chi vede Marino e la compagine di cui è titolare avviarsi verso un’impresa ad altissimo rischio. Il sindaco-chirurgo sfoggia sempre metafore ospedaliere. Ora, per usare la terminologia di Marino, è scattato nei suoi confronti il Pronto Soccorso da parte del Pd. Che ha fornito al Campidoglio i due nuovi assessori chiave - il deputato Marco Causi al Bilancio e il senatore Stefano Esposito alla Mobilità - prendendoli dal proprio corpo parlamentare. E derogando così a una regola aurea, che sarebbe quella di evitare i doppi incarichi considerati altamente indigesti dai cittadini. L’immediata dichiarazione di entrambi - «Non lasciamo i nostri posti in Parlamento», hanno annunciato sia Causi sia Esposito - è la riprova che perfino i nuovi entrati non scommettono più di tanto sulla durata dell’impresa a cui hanno aderito. E si tengono il paracadute.



Il fatto poi che i nuovi assessori cruciali provengano dal ceto politico-parlamentare è la chiara conferma di come gli apporti pesanti da Fase Due non siano arrivati purtroppo dalla società civile - che viceversa si è ritratta da ogni possibilità di coinvolgimento vero - ma soltanto dalla respirazione bocca a bocca che il Pd è stato costretto a praticare sul paziente. Senza averne tanta voglia, come si evince dalla freddezza esibita da Renzi in tutta la vicenda.

Per questo Marino bis, la cartella clinica dice così: proroga con prognosi riservata.