Da Marx a Francesco/ La nuova terra promessa della sinistra senza radici

di Giuliano da Empoli
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Giovedì 25 Giugno 2015, 23:29 - Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 16:50
La battuta di Bersani, secondo il quale chi scappa dal Pd potrebbe trovare rifugio in Vaticano, si è realizzata ancor prima del previsto. In un’intervista pubblicata ieri, Stefano Fassina non si è limitato a rottamare il partito del premier, che ha finalmente deciso di abbandonare. Se l’è presa con l’intera sinistra riformista europea, incapace, a suo dire, di produrre alcun impatto sulla realtà e di avanzare una proposta politica che vada al di là di «un adattamento passivo alla situazione data, senza alcuna ambizione di correzione di rotta che rimetta la persona al centro».



E chi ha indicato come punto di riferimento, il nuovo alfiere della sinistra radicale? Papa Francesco, naturalmente, con l’esortazione “Evangelii Gaudium” e l’enciclica “Laudato Sii” che contengono, secondo lui, la «critica radicale al capitalismo che la sinistra non è più in grado di esprimere da almeno tre decenni». In pratica, del catto-comunismo che ha definito per molti lustri un certo tipo di sinistra, sembra che sia rimasto in piedi soprattutto il catto.



Cosa di per sé tutt’altro che disprezzabile, ma che certo costituisce un curioso ricorso storico per gli epigoni del partito comunista che hanno mosso i primi passi tra bandiere rosse e istituti Gramsci. Nessun pensatore laico sembra oggi in condizione di contendere al pontefice il ruolo di bussola ideologica della nuova sinistra.



Neppure Piketty, dall’alto dei milioni di copie vendute del suo "Capitale nel XXI secolo". Chiaro che, accanto al Papa, Fassina - come Civati, Landini e gli altri leader dei movimenti di sinistra - invocano Tsipras e Podemos. Ma questi riferimenti, fatti dall'Italia, aprono almeno due generi di problemi.

In primo luogo, le paurose oscillazioni subite da questi movimenti nel corso degli ultimi mesi dimostrano che né l'uno, né l'altro sono in grado di indicare una linea politica che vada al di là della semplice critica dell’esistente. In Grecia Syriza si è spaccata sull’accordo con Bruxelles. In Spagna Podemos ha cambiato posizione su temi che vanno dalle riforme istituzionali al welfare. Ma, soprattutto, manca in Italia il carburante che ha alimentato l’ascesa della sinistra radicale in Grecia e in Spagna. In entrambi questi Paesi i nuovi movimenti hanno fatto leva sul populismo e sulla rivolta contro le élite di governo.



In Italia questo spazio è già stato occupato, prima da Grillo e poi dallo stesso Renzi che ha saputo mettere un certo tipo di populismo al servizio di un’agenda di governo. È molto difficile, di conseguenza, che Civati, Landini, Fassina e co. riescano a intercettare l’onda di malcontento che attraversa l’Italia. Anche perché la loro storia personale, diversamente dai leader di Syriza e Podemos, è quella di gente cresciuta all’interno dell'establishment politico-sindacale, che ha scoperto solo in età matura il fascino del movimentismo.



In pratica, dei due riferimenti della nuova sinistra - il Papa e i movimenti radicali del Mediterraneo - solo il primo ha un certo grado di concretezza, mentre il secondo resta una nebulosa difficilissima da importare in Italia. Così, il sogno di una sinistra alternativa si allontana. E resta in piedi solo la malinconica profezia di Bersani.