Padoan ammette: «Crescita bassa». E ora chiede l’aiuto di Draghi

Padoan ammette: «Crescita bassa». E ora chiede l’aiuto di Draghi
di Mario Stanganelli
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Domenica 17 Agosto 2014, 23:15 - Ultimo aggiornamento: 18 Agosto, 19:30

Di sicuro non si tratta di una secca smentita. Quella di Simon O’Connor, portavoce del commissario Ue all’Economia, alle voci di un negoziato segreto tra Roma e Bruxelles per una maggiore flessibilit da estendere a tutti i Paesi Ue in difficolt con i conti.

Interpellato in proposito, O’Connor si è limitato a dire: «Non commentiamo questa congettura. Lo stato delle finanze pubbliche sarà analizzato in autunno», momento in cui sarà effettuata «la valutazione delle leggi di stabilità per il 2015, che tutti gli Stati dell’Eurozona devono sottoporre a metà ottobre».

D’altra parte sembra abbastanza scontato che, davanti ai segnali di questi giorni che vedono la crescita non solo segnare il passo, ma in alcuni casi - la Germania su tutti - mostrare il segno meno, i governi si muovano, e l’Italia per prima in quanto presidente di turno della Ue, per ottenere un’interpretazione più elastica dei parametri riguardanti il Fiscal Compact e il Six pack, senza incorrere nelle temute procedure di infrazione.

Questo anche in vista delle rispettive leggi di stabilità che gli Stati - come sottolineato dal portavoce dell’Economia della Ue - sono tenuti a varare nell’ultimo trimestre dell’anno, e che i governi vorrebbero poter affrontare con un minimo di tranquillità in più rispetto ad una linea del rigore assoluto che appare sempre meno percorribile.

E quindi, se una trattativa è in corso, certamente Bruxelles non ne vuole far propaganda. Anzi, in qualche modo frena, come dimostra la reticenza dello stesso O’Connor ad ammetterne l’esistenza e, tanto meno, a indicarne la cornice entro la quale si svolge.

Qualche lume in proposito può però venire dalla lunga intervista concessa da Pier Carlo Padoan alla Bbc, in cui si intrecciano il disappunto dei governi europei per la bassa crescita, l’attesa dei risultati delle riforme e l’auspicio che un aiuto efficace per superare la congiuntura venga dalla Bce.

ABBIAMO SBAGLIATO TUTTI

«Ci aspettiamo per il 2014 una crescita molto inferiore rispetto alle previsioni», dice all’emittente inglese il ministro dell’Economia, affermando però che ciò «non è dovuto al fatto che le riforme non sono state fatte: per osservare la loro efficacia sulla crescita ci vuole tempo. Alcuni trimestri semplicemente non sono sufficienti a rimediare a problemi preesistenti da troppo tempo. Sono più che sicuro che le riforme che stiamo mettendo in campo porteranno benefici nel medio tempo, ovvero nei prossimi due anni. Risentiamoci tra 18 mesi - dice il ministro al suo intervistatore - e vediamo cosa è successo». Ovvio, quindi, che per Padoan «il programma delle riforme non cambia. Quello che cambia è che per la ripresa in Italia, ma anche in Europa ci vorrà più tempo del previsto».

Parole del ministro che sembrano rivolte ai falchi del rigore più spinto che si annidano nelle delegazioni comunitarie del Nord Europa. Come anche appare rivolto, più che allo stesso Mario Draghi all’apparato dell’Eurotower di Francoforte, l’appello di Pier Carlo Padoan a che «tutti gli attori in campo facciano la loro parte. Che, per la Bce, vuol dire essere coerente nel portare l’inflazione nuovamente vicina al 2 per cento, una cifra ragionevole, ma molto lontana dai livelli attuali». Cui segue, nell’intervista alla radio della Bbc4, la spiegazione - con il vago sapore di una chiamata in correo - per la sorpresa con cui è stata accolta nei giorni scorsi la riapparizione sul teatro europeo dello spettro della recessione: «Sfortunatamente, e non lo dico come una scusa, ci siamo sbagliati tutti. Intendo organizzazioni internazionali, governi e via di seguito. Tutti prevedevamo una crescita maggiore per quest’anno dell’Eurozona e nessuno fino ad ora ci ha visto giusto».

E se per i conti del governo la strada si fa più stretta, Matteo Renzi, ammesso che ci abbia mai contato, non vedrà arrivare il ”soccorso azzurro“ di Berlusconi sull’economia. L’ex cav. avrebbe infatti maturato la decisione di separare il patto sulle riforme costituzionali, che intende confermare, dall’appoggio - da qualche parte ipotizzato - all’intera agenda del governo. «Pressing sull’esecutivo sì per le riforme che riteniamo necessarie, ma strade separate», dice il leader di FI aggiungendo: «Se Renzi pensa di farcela da solo, benissimo. Lo faccia».

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