Il nuovo Pil è più alto ma l’allarme non scende

di Marco Fortis
4 Minuti di Lettura
Martedì 23 Settembre 2014, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 01:06
Il passaggio dal precedente Sistema europeo dei conti (Sec 95) al nuovo Sec 2010 sta comportando una rivalutazione monetaria pressoch simultanea di tutti i Prodotti interni lordi (Pil) dei vari Paesi, Italia inclusa.



I valori dei Pil vengono cioè aumentati contemporaneamente da tutti gli uffici di statistica nazionali in base alle nuove regole contabili comuni.



In breve, i Pil risulteranno un po’ più grandi, ma le dimensioni relative tra le diverse economie cambieranno al massimo di pochi decimali e soprattutto la storia della dinamica economica, che verrà man mano ricostruita per gli anni passati, non muterà nella sostanza. In altri termini, i momenti (ormai lontani) di crescita non risulteranno affatto più brillanti, né le crisi, tra cui soprattutto quella attuale, sembreranno essere state meno dure di quanto già non ci apparissero con la vecchie contabilità del Sec 95. Con dei Pil più alti miglioreranno però leggermente i parametri del deficit e del debito pubblico di tutti i Paesi.



Il nuovo Sec 2010 prevede alcune rilevanti novità di metodo e di perimetro contabile rispetto al passato. Consideriamo qui, per brevità, solo le principali. La più importante è che le spese in ricerca e sviluppo vengono ora considerate come spesa di investimento e quindi contribuiscono al Pil (mentre prima erano conteggiate come costi intermedi). Vengono inoltre considerate come costi fissi le spese per armamenti che possano essere considerate investimenti.



Infine, viene inclusa nel Pil anche la stima di attività illegali come traffico di stupefacenti, prostituzione e contrabbando di sigarette o alcol. Questo è quanto prevedono le nuove regole internazionali e l’Italia, come tutti i Paesi Ue, si è semplicemente adeguata.



L’Istat ha diffuso ieri la prima stima sul valore del Pil italiano del 2013 con i nuovi metodi contabili: 1.618,9 miliardi di euro. Si tratta di un valore più alto di 58,9 miliardi di quello ottenuto con i criteri del Sec 95, che era pari a 1.560 miliardi. Dunque, vi è stata una rivalutazione monetaria del 3,8% circa. Si conoscono per ora i nuovi dati 2013 soltanto per Germania e Francia pubblicati dall’Eurostat.



Con la nuova metodologia, il Pil tedesco è salito a 2.809,5 miliardi (+71,9 miliardi rispetto al Sec 95), mentre quello francese a 2.113,7 miliardi (+53,9 miliardi). Se prima il Pil italiano del 2013 risultava essere il 75,7% di quello francese e il 57% di quello tedesco, ora col Sec 2010 i rapporti sono diventati, rispettivamente, del 76,6% e del 57,6%, dunque con un leggero miglioramento a nostro vantaggio ma non tale da modificare significativamente la realtà.



L’anno 2011 è per il momento quello di cui l’Istat ha fornito i maggiori dettagli sui cambiamenti contabili intervenuti. Anche il Pil di quell’anno ha avuto una rivalutazione a prezzi correnti del 3,7% circa, non dissimile da quella stimata per il 2013. Il maggior valore del Pil del 2011 è derivato per un +1,6% dalle novità metodologiche del Sec 2010 (di cui +1,3%, cioè la parte preponderante, dovuto alla contabilizzazione come investimenti delle spese in ricerca e sviluppo).



Altre modifiche contabili hanno contribuito con un incremento netto dello 0,8% (all’interno delle quali le attività illegali hanno pesato per un +1%, cioè per circa 15,5 miliardi in più). Infine, le innovazioni nelle fonti statistiche e nelle metodologie nazionali introdotte in parallelo al nuovo Sec 2010, tra cui una diversa valutazione dell’economia sommersa ma non illegale, hanno pesato per un ulteriore +1,3% nell’innalzamento del valore del nostro PIL rispetto ai vecchi criteri.



Abbiamo dunque un Pil un po’ più alto ma pur sempre molto malato. La sua dinamica negli ultimi due anni non è cambiata di molto: con i nuovi criteri il Pil italiano è infatti caduto nel 2012 del 2,3% (anziché del 2,4%, una differenza quasi impercettibile) mentre è diminuito dell’1,9% nel 2013, esattamente come con la vecchia contabilità.



Né i nuovi criteri statistici aiuteranno molto l’Italia e gli altri Paesi della moneta unica a crescere più velocemente nel 2014-2015. Ieri il presidente della Bce Mario Draghi, intervenendo ad un convegno del Parlamento europeo, ha ribadito che lo scenario economico resta difficile. Draghi ha detto che «la ripresa nell’Eurozona sta perdendo impulso. La crescita del Pil si è fermata nel secondo trimestre e le informazioni sulle condizioni economiche ricevute durante l'estate sono state più deboli del previsto».



Con un Pil più alto al denominatore, grazie ai nuovi criteri Sec 2010, migliorano però un po’ i parametri dei nostri conti pubblici, il che non è male. Nel 2013, ad esempio, il deficit/Pil scende al 2,8% rispetto al 3% che si aveva con il vecchio Sec 95. Mentre il debito pubblico/Pil si abbassa al 127,9% rispetto al precedente valore di 132,6%.



Dunque, anche a seguito delle modifiche introdotte nella contabilità internazionale, il compito dell’Italia di mantenere virtuosamente il proprio deficit sotto il 3% (cosa che invece non riuscirà né alla Francia né alla Spagna anche coi nuovi parametri) sarà un po’ più agevole. Anche se occorre non allentare lo sforzo di riduzione della spesa pubblica improduttiva per accrescere l’avanzo statale primario e permettere così una stabilizzazione del debito anche in presenza di uno scenario deflazionistico.