Il passaggio al Colle scioglie gli ultimi nodi, come De Gennaro è rimasto in sella a Finmeccanica

Il passaggio al Colle scioglie gli ultimi nodi, come De Gennaro è rimasto in sella a Finmeccanica
di Andrea Bassi e Marco Conti
3 Minuti di Lettura
Martedì 15 Aprile 2014, 12:55
​Tre donne su quattro ai vertici delle pi importanti aziende di Stato. Una rivoluzione rosa che strizza l’occhio al voto femminile e che, insieme al tetto agli stipendi, cambia verso alla tradizionale distribuzione delle poltrone nei principali asset pubblici.

LA PARTITA

Un lunedì complicato, quello di Renzi, perché siglata l’intesa nella maggioranza - non senza fatica - e illustrata al Capo dello Stato la filosofia delle nomine nelle principali aziende pubbliche, il presidente del Consiglio si è subito dedicato a blindare le riforme, ricucendo con il leader che rappresenta una vera e propria sponda al governo: Silvio Berlusconi. Non che il leader di Forza Italia sia rimasto totalmente all’oscuro dalle scelte che Palazzo Chigi stava facendo su Eni, Enel e sulle altre società pubbliche. A Gianni Letta e Denis Verdini la partita non è sfuggita e l’arrivo a Palazzo Chigi di Berlusconi è stato ieri sera accompagnato da un plauso per la scelta di Luisa Todini alla presidenza delle Poste e per la continuità che assicura Claudio Descalzi all’Eni nelle vesti di amministratore delegato.

Anche stavolta Renzi ha lavorato di fino riuscendo nell’intento di piazzare tre donne ai vertici: Patrizia Grieco all’Enel, Emma Marcegaglia all’Eni e Luisa Todini alle Poste. Un blitz tinto di rosa che però si è fermato sulla porta del palazzone di Piazza Montegrappa visto che alla presidenza di Finmeccanica è stato confermato Gianni De Gennaro. Sulla conferma del superpoliziotto al vertice del gruppo della Difesa ha pesato, a quanto pare, il lungo vertice di Renzi ieri mattina al Quirinale. Al Capo dello Stato il premier ha illustrato le modalità di scelta dei manager. Ha confermato il tetto dei 238 mila euro per tutti i presidenti, ma quando ha tentato di piazzare alla presidenza di Finmeccanica l’ex sottosegretario agli Esteri Marta Dassù (nominata poi semplice consigliere d’amministrazione), le resistenze sono iniziate. Raccontano infatti che la mossa abbia spiazzato i presenti - propensi per la conferma di De Gennaro - ma la rinuncia del presidente del Consiglio sarebbe servita a sbloccare tutte le altre caselle, che si stavano pericolosamente riempiendo con ambasciatori ed ex grand commis di Stato. Una mossa, in sostanza, che somiglia molto a quella che lo stesso Renzi fece al tempo della scelta dei ministri quando la rinuncia di Delrio al ministero dell’Economia gli permise di liberarsi di Emma Bonino al ministero degli Esteri.

Resta il fatto che quando Renzi torna a Palazzo Chigi lo attendono altre quattr’ore di riunione prima di rendere ufficiale una lista che stavolta esce dalla presidenza e non dal ministero dell’Economia. Si precipita Alfano, telefonano molti esponenti della composita maggioranza e arrivano segnali di insofferenza dal partito di cui Renzi è segretario per il ridimensionamento di tutta o, quasi, la filiera che faceva capo alla coppia Bersani-D’Alema. E’ vero che mancano ancora da sistemare le Ferrovie, ma è difficile che l’uscente Moretti lasci l’azienda che ha risanato senza pretendere «continuità».

Tra i nomi dei consigli di amministrazione spiccano quelli dell’avvocato Alberto Bianchi (cda Enel) - uomo che ha tenuto la cassaforte della Fondazione Big-Bang che finanziò le primarie contro Bersani dell’allora ex sindaco di Firenze - e quello di Fabrizio Landi (cda Finmeccanica) vecchio amico di Renzi, componente della Fondazione e già amministratore delegato di Esaote, azienda fiorentina che produce apparecchi elettromedicali.

IL CONFLITTO

Alle Poste arriva anche Roberto Rao, già deputato dell’Udc, e Fabrizio Pagani, già consigliere economico di Enrico Letta, è finito nel cda dell’Eni. Di Antonio Campo dall’Orto, già dirigente de La7 e ora nel cda delle Poste, si parlò come possibile direttore generale della Rai. Da Palazzo Chigi assicurano che il tema dei possibili conflitti d’interesse, Renzi lo affrontato per ogni casella giudicandoli inesistenti o risolvibili anche sui nomi di vertice, a cominciare da quello di Emma Marcegaglia.

L’incontro con Napolitano al Quirinale, preceduto da una telefonata domenicale, è servito anche a Renzi per rassicurare il presidente della Repubblica su altri due temi: il Def e le riforme istituzionali. Sul primo argomento si è di nuovo ragionato sulle coperture e sul rispetto degli impegni presi in Europa. L’argomento riforme e legge elettorale è invece stata l’occasione che Renzi ha usato per confermare il calendario: «Entro maggio le riforme costituzionali saranno votate da Senato e Camera».
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