Scuola, no al decreto: tensione tra il premier e la Giannini

Scuola, no al decreto: tensione tra il premier e la Giannini
di Claudio Marincola
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Mercoledì 4 Marzo 2015, 05:50 - Ultimo aggiornamento: 08:38
Se c'era qualcuno che il decreto ieri lo avrebbe voluto, questo era Matteo Renzi. Se non altro perché sulla scuola il premier sin dall'inizio ci ha messo la faccia. Ecco perché quando gli hanno riferito che la ministra Giannini aveva preso male il rinvio («sono basìta») è rimasto «basìto» lui per primo. E non è la prima volta, si fa notare, che il titolare di viale Trastevere e il presidente del Consiglio incorrono in qualche «difetto comunicativo».



Era già successo quando Renzi avocò a sé il progetto della Buona scuola lasciando la Giannini nella penombra. E anche questo precedente dimostra quanta fretta abbia il rottamatore di mettersi all'occhiello la riforma della scuola. La scelta di prendere tempo e coinvolgere il Parlamento nasce dall'esigenza di «non stressare il Colle». E anche da un calcolo politico: se la riforma naufragherà o la prima conseguenza sarà la mancata assunzione dei precari, 125 mila abilitati tra graduatorie ad esaurimento e ai vincitori di concorso. Un Parlamento che alzi le barricate e scelga la strada dell'ostruzionismo si assumerebbe la responsabilità del loro destino. Non salterebbe soltanto il progetto renziano ma anche l'assunzione a tempo indeterminato dei precari. Più ancora della politica potè insomma l'aritmetica inelluttabilità dei numeri: la pressione dei supplenti più che mai legati a filo doppio alla riforma. Tanto più che il decreto conteneva temi diversi e non tutti caratterizzati da criteri di urgenza.



Che la Giannini ci sia rimasta male è poi un altro discorso, un film iniziato lunedì sera con la decisione improvvisa di ritirare il decreto. «Potevano almeno avvisarmi», è sbottata la ministra spiazzata da Renzi. «Se la conosco l'avrà presa malissimo - immagina Bruno Molea, deputato di Scelta civica, membro della commissione Cultura della Camera - lei è molto precisa. Ma mai come questa volta i motivi di urgenza c'erano tutti e il decreto serviva per assumere i precari con l'inizio del prossimo anno scolastico».



IL NODO DEGLI SGRAVI

Renzi assicura che il problema invece non esiste. Che in questa settimana i ministri ne discuteranno e poi si deciderà lo strumento legislativo. «Siamo partiti da una campagna d'ascolto sentendo 1 milione e 800 mila persone, 2040 incontri tra parlamentari, cittadini e amministratori - siamo entrati nelle case delle famiglie italiane». L'unico che non si era ancora espresso era il presidente della Repubblica Mattarella. Appunto. Meglio evitare la clava e l'abuso della decretazione d'urgenza su una materia così popolare. Tanto più che l'arma del decreto servirà ancora (e il pensiero corre alla riforma della Rai che potrebbe riprodurre lo stesso schema).



«Se non li faccio mi criticano, se li faccio dicono che sono un dittatorello.... ora, mi apro al dibattito e chissà che diranno...». Così Renzi, per il quale non c'è rischio che slittino le procedure, «ci sono le condizioni ma il Parlamento dovrà decidere». Ma non si dica che non ci sono le coperture, ( e il Mef conferma): un miliardo dalla legge di stabilità, 3 miliardi a regime nel 2016.



Per assurdo a bloccare il metodo-Mattarella sarebbe stato insomma - indirettamente - Mattarella stesso. Ma anche Renzi che ha colto la palla al balzo. A sentire i tecnici di viale Trastevere, infatti, i tempi per assumere entro il 31 agosto i precari sono strettissimi. E lo sarebbero stati anche con un decreto. Il bubbone potrebbe scoppiare sul nodo della Paritaria, tema sul quale è tornato non più tardi di ieri l'ex ministro Berlinguer. L'Ncd ne ha fatto una bandiera: bisogna trovare una soluzione sulla richiesta di sgravio fiscale». Calma e sangue freddo, ci si sta lavorando.