La mafia padrona nella città distratta

di Mario Ajello
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Giovedì 20 Agosto 2015, 23:25 - Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 15:04
Nella città che aspetta la relazione del ministro Alfano su Mafia Capitale, nella Roma in cui tra pochi mesi verrà celebrato il maxi-processo a Carminati, Buzzi e agli altri imputati, in questa metropoli divorata dal virus criminale è andato in scena in una giornata d’agosto l’impensabile per chi non vuole pensare. Un funerale, nello stile cinematografico del Padrino e proprio con le musiche di quel film maestoso e terribile, che segnala la necessità e l’urgenza di una rifondazione morale dell’Urbe.



Le esequie del boss Vittorio Casamonica hanno occupato Roma, per dirle che la mafia c’è, ha tutti i crismi anche simbolici della mafia classica - occhio al carro funebre trainato da sei cavalli, appena due in meno degli otto che vennero usati per gli altrettanto fastosi funerali di Lucky Luciano nella Napoli del 1962 - e non ha paura di mostrarsi, anzi ostenta tutto il suo potere. Occupando un intero quartiere; bloccando la circolazione; facendosi autorizzare (da chi?) l’uso di un elicottero che vola sulla chiesa di Don Bosco al Tuscolano (da cui piovono petali di rosa sulla famiglia, sui famigli e sull’immensa folla commossa davanti al feretro) e l’aiuto di vigili per regolare il traffico; annichilendo i romani perbene che sono la maggioranza e dando torto a chi non crede che la criminalità stia prendendo il midollo della Capitale. E invece cerca di guardare altrove, si rifugia nell’indifferenza e nell’ignavia.



Minimizza la gravità di una questione etico-civile che già prima non si poteva non vedere e che ora è sotto gli occhi di tutti a colpi di immagini come quelle di ieri. Un po’ New York anni ’30 di Al Capone, un po’ New York anni ’50 del Padrino parte prima, un po’ la Montreal di due anni fa quando per i funerali del boss italo-canadese Vito Rizzuto sfilò una bara d’oro, un po’ un misto di Gomorra e di Reality, i due film di Matteo Garrone che non a caso è romano.



Il Carminati di Mafia Capitale in una delle telefonate intercettate sostiene che «i Casamonica sono straccioni». Ma non lo sembrano affatto a giudicare dai milioni spesi in queste esequie, dalle Rolls Royce e dalle altre auto di superlusso che sfilano in corteo, dal poster che immortala il defunto con l’epiteto di «Re di Roma», dalle centinaia di corone di fiori, dalla paura mista a sbigottimento dei passanti costretti a bloccarsi davanti alla prepotenza spettacolare e all’ostentazione sfarzosa che trasudano da questa cerimonia. E che sono allo stesso tempo un segnale sociale devastante, un avvertimento mafioso, un colpo basso contro i romani perbene e la riprova che la gravità della sfida criminale alla Capitale italiana meriterebbe da parte delle istituzioni una attenzione e una reazione che sembrano mancare. E che ieri si sono trasformate in un altro film colpevolmente complementare: quello dell’impotenza e della resa.



Non si può negare un funerale, anche se la stessa parrocchia che ha celebrato il boss Casamonica impedì le esequie di Piergiorgio Welby ”colpevole” di essersi lasciato morire. Però come è possibile che il parroco Giancarlo Manieri faccia il sacerdote beneficiante di questo obbrobrio? «Non potevo impedirlo», si giustifica. E peggio: «Dentro la chiesa è andato tutto bene. Ordine e compostezza». E certe facce non le ha viste? E certi sgherri, tutti nella divisa del clan con t-shirt nera e jeans, non li ha riconosciuti? E quel clima da cosca padrona del territorio non lo ha saputo decodificare, come sarebbe stato capace chiunque? «Tutto - è l’incredibile autodifesa - è avvenuto fuori dalla chiesa». Dove lui e gli altri preti vestiti di bianco non possono non avere visto lo spettacolo immondo del defunto immortalato su un manifesto con l’aura della santità, la croce sul petto e la veste del Papa, o l’altro poster in cui c’è scritto: «Vittorio hai conquistato Roma, conquisterai il Paradiso».



C’è da chiedersi come si sposi l’insistenza sulla lotta alla mafia da parte di Papa Francesco con lo spettacolo di ieri. E c’è da registrare quanto l’indifferenza e l’ignavia abbia unito in questa occasione la Chiesa, le istituzioni laiche e la cittadinanza. Stupisce che le forze dell’ordine non sapessero nulla. Non sorprende ma sbalordisce che il sindaco non sapesse niente, vista la presenza dei vigili anche in borghese giustificata dal calibro del boss. E quanto a quei romani che si sono macchiati di distrazione colpevole finora, cercando di non accorgersi della melma che stava salendo in questi anni, adesso non hanno più alibi e sono costretti ad avere più coraggio.