M5S, bufera dopo le nuove epurazioni
La Rete vota l'espulsione di 4 dissidenti
Tre si dimettono subito, pronti altri 10

M5S, bufera dopo le nuove epurazioni La Rete vota l'espulsione di 4 dissidenti Tre si dimettono subito, pronti altri 10
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Mercoledì 26 Febbraio 2014, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 11:10
Quattro espulsioni decretate dai militanti cinque stelle sul web ed almeno altri quattro senatori pronti a dimettersi che si vanno ad unire agli altri quattro colleghi che nei mesi scorsi hanno lasciato il gruppo del M5S al Senato. Insulti, lacrime, minacce. L'invito di Beppe Grillo dal blog, ad urne aperte, a votare per l'allontanamento dei ribelli con l'accusa di dire «solo cazzate» e una stoccata velenosa: «Si terranno tutto lo stipendio, 20.000 euro al mese fanno comodo».



È il giorno più difficile per il Movimento Cinque Stelle da quando ha fatto il suo ingresso in Parlamento: la scissione, tanto temuta al suo interno ma evocata dagli avversari politici, è arrivata. Ormai, non si tratta più di defezioni singole. I fuoriusciti, volontari o obbligati, hanno i numeri per formare un gruppo al Senato, proprio laddove il governo ha una maggioranza meno forte. Come se non bastasse, la rottura rischia di dare vita ad un effetto valanga sul resto dei 'cinque stelle': la spaccatura iniziata come una piccola crepa a Palazzo Madama, potrebbe contagiare anche la Camera dei deputati dove Alessio Tacconi ha annunciato le sue dimissioni e quelle possibili di altri 5.



Tutto è iniziato con l'avvio della procedura di espulsione dei quattro senatori «ribelli» Francesco Bocchino, Luis Orellana, Francesco Campanella e Lorenzo Battista per le parole di disappunto nei confronti di Grillo per la gestione delle consultazioni con Matteo Renzi. L'assemblea congiunta di tutti i parlamentari, in piena notte ed in streaming, ha dato il via al procedimento ma, soprattutto, ha segnato il primo passo per la rottura: molti senatori hanno protestato per la convocazione «non valida» dell'assemblea, mentre altri hanno chiesto di evitare «un ulteriore motivo di attrito». Nulla da fare.



L'atmosfera si è riscaldata. Le parti sono apparse inconciliabili e sono volati insulti molto pesanti: «venduti» e «approfittatori». Il segno che qualcosa si è rotto. In mattinata, il dissenso dei senatori è cresciuto. Ed è esploso quando in tre, Laura Bignami, Maurizio Romani e Alessandra Bencini, hanno rotto gli indugi ed hanno annunciato le loro dimissioni da senatori a sostegno dei quattro «ribelli»: «Così non può andare, torno a casa», ha detto con gli occhi gonfi di lacrime la Bencini. Inutili sono stati i tentativi di ricucitura nel corso di una assemblea nel pomeriggio.



Anzi, la situazione è peggiorata al punto che i quattro dissidenti hanno lasciato l'incontro insieme ad altri sei senatori mentre dalla riunione arrivavano urla e qualcuno replicava: «Siete peggio dei fascisti». Le voci di nuove defezioni si sono rincorse per tutto il giorno. Tra i nomi più probabili - si dice - quelli di Maria Mussini, Monica Casaletto, Enrico Cappelletti e Cristina De Pietro. Numeri importanti che, uniti a quelli dei quattro espulsi di oggi e degli altri quattro fuoriusciti degli scorsi mesi (De Pin, Anitori, Mastrangelo e Gambaro), porta a 15 senatori: più che sufficienti per formare un gruppo.



Tutti hanno annunciato le dimissioni ma difficilmente l'Aula del Senato le accetterà.
Più probabile la formazione di un nuovo gruppo «dialogante». Quando arriva il voto dei militanti sul web alle 19 che decreta l'espulsione dei «dissidenti» i giochi sembrano già chiusi. I militanti M5S accreditati per votare sul web decidono in larga maggioranza per l'allontanamento dei quattro: 29.883 voti a favore e 13.483 contro. I dissidenti annunciano che anche loro si dimetteranno. Orellana conferma che, per ora, sono in nove. Si apre così una nuova partita al Senato, dove il possibile nuovo gruppo di fuoriusciti «cinque stelle» potrebbe crescere, attirando anche qualche senatore Pd civatiano.






La Camera. «Esco dal gruppo M5S alla Camera e con me ci sono altri 5 deputati». Così Alessio Tacconi a La Zanzara su Raio 24. «Con questo voto si è dimostrato che non è possibile andare contro il parere di Casaleggio e Grillo. Il sistema di voto è in mano alla Casaleggio Associati e ci dobbiamo fidare. Se fosse affidato a terzi sarebbe più trasparente».



Pesanti le accuse di Riccardo Nuti che ha accusato Campanella di aver già pronto il simbolo per un nuovo movimento politico. Accuse respinte dal diretto interessato. Alla fine, il voto dell'assemblea che con una netta maggioranza ha stabilito di espellere i senatori ribelli, lasciando ai militanti sul web l'ultima parola in merito.






Un video per difendersi Intanto i quattro senatori sotto giudizio si sono difesi girando un video e postandolo su youtube e sulle loro pagine Facebook. In tre minuti espongono la loro versione dei fatti. Luis Orellana, ad esempio, sottolinea che i «gruppi territoriali non ci hanno mai sfiduciati con un voto assembleare, nè nel caso mio a Pavia nè nel caso di Palermo». «La presunta sfiducia da Palermo», continua Fabrizio Bocchino, «arriva da una minoranza di iscritti al meet up, per di più, mi spiace dirlo, parenti e conviventi dei deputati della Camera». Per Lorenzo Battista il capo d'imputazione è molto debole: «se anche avessimo detto una cazzata, è normale espellere per il reato di cazzata?». Anche Francesco Campanella obietta: «siamo il Movimento della democrazia diretta e non possiamo neanche dire che qualcosa poteva essere fatta meglio, ma stiamo scherzando?».



La reazione di Orellana Grillo mente, è un bugiardo. I senatori non prendono 20mila euro ma 14mila, sono comunque tanti soldi ma noi abbiamo sempre restituito». Lo dice Luis Alberto Orellana, uno dei senatori M5S che stasera potrebbe essere espulso dal movimento, intercettato dai giornalisti al Senato. Anche sulla vicenda della sfiducia del territorio «siamo di fronte a mistificazioni della realtà -assicura il dissidente- qualcuno sicuramente ha manifestato disagio per delle nostre dichiarazioni, ma da qui a parlare di sfiducia ce ne vuole. È una mistificazione», la prova arriva anche dal fatto che il documento in cui la base prende le distanze da Orellana «vengono menzionati dei meetup inesistenti».

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