Lorenzin: «Ticket sulle urgenze? Non posso escluderlo»

Lorenzin: «Ticket sulle urgenze? Non posso escluderlo»
di Claudia Guasco
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Martedì 23 Settembre 2014, 05:56 - Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 12:15
Un taglio agli sprechi, non ai servizi. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin non presta orecchio agli allarmi ricorrenti sulla riduzione degli stanziamenti per la sanità nazionale: «Sono tranquilla perché c'è un'azione politica coordinata», afferma. Al vertice informale tra i ministri della Salute di Bruxelles si parla di sostenibilità del sistema e quello italiano, spiega, è una macchina da rimettere in moto. Contenendo i costi senza sacrificare le fasce più deboli.



Ministro, può assicurare che il ticket per l'assistenza in pronto soccorso non verrà mai applicato?

«Questo non lo posso dire. E' un tema che il governo non ha ancora affrontato. Ne parleremo comunque entro dicembre, c'è una commissione tecnica che sta lavorando con il ministero dell'Economia e delle Finanze. Analizzeremo le proposte e le valuteremo insieme ai commissari salute delle regioni».



Si discute anche di tagli alla sanità?

«No, su questo punto sono serena. Tutti ci rendiamo conto che non ci sono soldi, che dobbiamo risparmiare al massimo, mettere in efficienza ciò che abbiamo, che è moltissimo, e far funzionare quello che non funziona, che è sempre molto. E non possiamo permetterci di sprecare neanche un euro - perché ogni euro in salute è davvero un euro che salva una vita - per garantire un'efficienza sempre maggiore dei servizi in una situazione economica non facile. Spero che possa continuare la collaborazione che c'è stata in questo anno e mezzo tra governo, ministero della Salute e regioni. Serve una volontà precisa, oggi si misurano le promesse fatte, anche gli impegni presi mese per mese. Nulla può essere lasciato in sospeso. Ci controllano da fuori, ma soprattutto dobbiamo controllarci noi dall'interno».



Però una siringa non ha lo stesso prezzo da Nord a Sud.

«Ma la legge c'è già. Nel Patto della salute abbiamo reso obbligatoria la centrale unica d'acquisto regionale e abbiamo creato una rete delle centrali uniche, per verificare il prezzo di riferimento. Attuando in sostanza quello che chiediamo di fare in Europa. Ora vogliamo che le regioni recepiscano queste direttive velocemente, rendendo trasparenti i dati. Da ciò abbiamo calcolato che deriverà un risparmio di 7 miliardi di euro».



Sull'accesso all'eterologa le regioni continueranno a muoversi in ordine sparso?

«Le regioni sono andate avanti in modo autonomo e il nostro obiettivo è quello di cercare di rendere almeno omogenei gli interventi sul territorio a livello nazionale. Io credo di aver sollecitato una legge al Parlamento in modo molto pressante, soltanto nell'interesse dei genitori che devono utilizzare questa tecnica e dei bambini che nasceranno. La normativa è necessaria per creare un centro nazionale per la tracciabilità dei donatori e per riuscire a finanziare l'eterologa in modo equo e sostenibile per tutte le regioni».



Proprio la questione del prezzo dei farmaci è il tema su cui si dibattete nella Ue.

«Per quindici anni non c'è stata nessuna scoperta, adesso stanno arrivando tutte insieme e sono scoperte molto costose. Oggi la priorità è il farmaco per l'epatite C, che può curare 5 milioni di malati in Europa e un milione e mezzo in Italia, domani potrebbe essere il farmaco contro l'Alzheimer. Bisogna trovare il modo di calmierare il prezzo, garantendo allo stesso tempo anche chi ha investito nella ricerca. Insomma, va tenuto conto di questi fattori per arrivare all'obiettivo. Che è: io, stato comunitario, devo poter comprare il farmaco contro l'epatite C senza far saltare il banco. E' la prima volta che nello scenario europeo si affronta il problema a livello politico. Sul tavolo c'è l'opzione per la creazione di un fondo speciale per l'acquisto della medicina anti-epatite, il cui costo è ora insostenibile: tra i 40 e i 50 mila euro a paziente per quattro settimane di terapia. I malati italiani stanno ricevendo cure compassionevoli e i più gravi sono in trattamento. Ovviamente sono moltissimi, dobbiamo quindi riuscire a mediare con la casa farmaceutica che detiene la licenza, ma la trattativa è ferma in tutta Europa. Stamane noi ministri abbiamo affrontato la questione e speriamo di superare la fase di stallo».



E poi c'è l'emergenza Ebola.

«I dati dell'Oms sono drammatici: serve un miliardo di dollari per bloccare il virus, 500 milioni solo per le questioni sanitarie. L'epidemia inoltre ha coinvolto altri aspetti, non esiste più circolazione di merci nè di beni, la gente non va a lavorare, siamo di fronte a una crisi umanitaria che destabilizza il quadro geopolitico e può diventare esplosiva. Il rischio di diffusione della malattia in Europa è considerato limitato, ma va tenuta alta la guardia. Noi ministri della Sanità stiamo cercando di capire come la Ue, che ha già stanziato 150 milioni di euro, possa intervenire».